Dieci anni e per le pensioni arriverà il big bang
Dietro ai tentativi (naufragati) di rivedere le norme sulle pensioni, una verità algebrica che porta al 2035: è allora che la spesa in Italia toccherà il massimo sul Pil

Dei tentativi di rivedere la manovra al capitolo pensioni resterà con ogni probabilità poco o niente. Lo scopriremo nei prossimi giorni, nella più tradizionale delle maratone natalizie che vedono protagonista il Parlamento con la legge di Bilancio (e pensare che, visto l’ammontare e il ridotto e il contenuto nel complesso piuttosto neutro, la manovra 2026 poteva naturalmente candidarsi a un “percorso netto”).
Lo psicodramma innescato in settimana dai tentativi di intervento del Governo, con la Lega indiscussa protagonista, lascia comunque due certezze. La prima è politica e scontata: in Italiale pensioni restano una materia incandescente e chi la tocca si scotta, chiunque sia e comunque lo faccia. La seconda è algebrica, e ci porta al 2035. Perché tra dieci anni ci sarà il big bang del sistema pensionistico italiano. In questo caso prendiamo in prestito il ragionamento sviluppato da Gianni Trovati su Il Sole 24 Ore, che ha ricordato come i piccoli ritocchi congegnati dall’Esecutivo alla manovra - l’allungamento delle finestre per la pensione anticipata e la progressiva riduzione dei riscatti di laurea - concentrassero i suoi effetti sul 2035. Non è un caso:incrociando le stime del Tesoro con gli scenari di riferimento, è quello l’anno in cui nel nostro Paese la spesa pensionistica si avvicinerà inesorabilmente al picco più alto in rapporto al Pil, aggirandosi intorno al 17%. Un valore enorme, che si aggira intorno al doppio della media dei Paesi sviluppati (e delle loro economie nostre concorrenti) e che le misure proposte dal Governo avrebbero alleggerito di circa due miliardi. Vista con questi occhi, la revisione elaborata dai tecnici di Via XX Settembre - la fatidica “manina”, secondo i malevoli - avrebbe assunto le sembianze di un intervento laser, concentrato su uno dei punti di maggior pressione dell’interno sistema.

Se ne riparlerà, con ogni probabilità, in futuro. Ma il 2035 va segnato sul calendario:se di qui ad allora non ci inventeremo qualcosa per moltiplicare il Pil, o non troveremo un modo digeribile per intervenire sulla spesa pensionistica, sarà una specie di punto di non ritorno. Non a caso, come ci aveva cinicamente ricordato l’Ocse a fine novembre, più passa il tempo e più la pensione si allontana:oggi chi esce dal mercato del lavoro in Italia lo fa mediamente a 64,8 anni, chi entra invece potrà andare in pensione a 70. Una classica “media del pollo”, che però dà un’idea di quanto la palla si stia spostando sempre più avanti per gli italiani. Peggio di noi solo la Turchia, dove dagli attuali 52 anni si uscirà a 65.
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