Dighe mobili per trattenere l’acqua Il primo esperimento in Maremma
di Andrea Zaghi
Tutto sommato l’idea è un po’ come quella del Mose, ma al contrario
Tutto sommato l’idea è un po’ come quella del Mose, ma al contrario: invece di avere delle dighe che servono per tenere l’acqua “fuori” da Venezia, qui ci sono dighe per tenere l’acqua “dentro” un bacino di irrigazione. In entrambi i casi le dighe sono mobili - elettromeccaniche quelle di Venezia, gonfiabili quelle del bacino di irrigazione - entrambe attivabili quando serve e in entrambi i casi per fare diventare l’acqua elemento amico e non nemico. L’idea delle dighe mobili gonfiabili nasce, come ormai spesso accade, dall’osservazione degli effetti del clima che cambia. L’estremizzazione degli eventi atmosferici, con il repentino passaggio da un eccesso all’altro, obbliga a soluzioni in grado di adattarsi alle mutevoli condizioni che si possono susseguire anche rapidamente. Come fare, quindi, per avere l’acqua solo quando serve davvero? A pensare a delle dighe mobili gonfiabili per affrontare in modo efficiente il problema delle risorse idriche, ci hanno provato in Toscana e in particolare nella Maremma di Grosseto. Nell’ambito del reticolo irriguo dei canali di Padulino e Barbicato, ad Alberese, nel Grossetano, si sono appena conclusi i lavori per l’installazione di un sistema di sbarramenti mobili in gomma flessibile per uso irriguo.
Si tratta di un impianto a sostegno dell’agricoltura locale contigua al Parco Regionale della Maremma e che sarà utilizzato per irrigare il comprensorio “Piana dell’Alberese”, gestito dal Consorzio di bonifica 6 Toscana Sud. Quando c’è l’acqua, in particolare quella del fiume Ombrone, questa viene prelevata e invasata nella rete di canali a cielo aperto e lì conservata grazie proprio ad un sistema di dighe gonfiabili. Tecnicamente, il Consorzio potrà attivare il pompaggio da inizio aprile a fine settembre di ogni anno per una portata massima di 400 litri al secondo. Saranno poi i consorziati a distribuire l’acqua nei loro appezzamenti tramite pompe. Al termine della stagione irrigua, gli sbarramenti mobili saranno sgonfiati, le pompe saranno rimosse e verranno chiuse le tubazioni necessarie per scongiurare anche i rischi di piene. In ANBI (l’Associazione Nazionale dei Consorzi di Gestione e Tutela del Territorio e delle Acque Irrigue), parlano di “strategia di resilienza” e spiegano: «Quanto si sta realizzando in Maremma è un diverso esempio del principio alla base del Piano Invasi da noi proposto con Coldiretti: trattenere l’acqua, quando c’è per utilizzarla nei momenti di bisogno». La realizzazione di una buona parte del progetto è stata resa possibile da fondi (circa un milione e 140mila euro) messi a disposizione dal ministero delle infrastrutture con il Piano straordinario di interventi nel settore idrico. Mancano ancora delle opere (anche una terza diga gonfiabile) e per completare tutto oltre ai finanziamenti già ottenuti ne servono altri. Ma al Consorzio di bonifica sono fiduciosi e prevedono di poter completare tutti i lavori e servire le circa 100 aziende agricole, presenti su oltre mille ettari, già nella stagione 2027.
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