martedì 22 giugno 2004
Abbiamo visto diffondersi inquinamenti e profanazioni d'ogni tipo che rischiano di distruggere questo mondo così fragile, ma così indispensabile alla nostra sopravvivenza. Ci siamo lanciati, pieni di speranza, in una lotta accanita per salvare il mare dall'ignoranza e dall'incuria dei tecnocrati del nostro tempo. Ieri siamo entrati nell'estate astronomica e ancora una volta assistiamo al prodigio della natura che segue i suoi ritmi e le sue leggi. L'uomo talvolta fa di tutto per sfregiarla, per incepparne la potente e quieta evoluzione, per impoverirne le risorse. E', questo, soprattutto un dramma moderno, simbolicamente riassunto nella parola "inquinamento". Ce lo ricorda quel grande appassionato del mare che fu lo scienziato Jacques Yves Cousteau (1910-1997), colui che col suo batiscafo esplorava il silenzioso e affascinante mondo sommerso degli oceani, ricco di una vita mirabile ed effervescente. Nelle sue parole, oltre al vocabolo "inquinamento", fa capolino un altro termine molto significativo: egli parla di "profanazione", una parola di genesi e significato sacrale. In tal modo egli si raccorda a un filo ininterrotto che pervade tutte le religioni per le quali
il cosmo è simile a un tempio in cui il Creatore si mostra e parla segretamente e in cui l'uomo è chiamato ad essere il liturgo, il sacerdote di un rito di lode e di contemplazione. Purtroppo in questo santuario - osserva Cousteau - sono penetrati "i tecnocrati", ossia non i veri "tecnici" o i lavoratori chiamati a trasformare, esaltandola, la materia, ma coloro che si sono votati solo a depredare e a dissacrare. E' per questo che devastare la natura è un peccato, anzi, un sacrilegio.
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