mercoledì 10 luglio 2019
Ho sempre tenuto d'occhio Piero Chiara (1913-1986) perché fra i suoi molti romanzi c'è anche Il pretore di Cuvio (1973). Non è il migliore, ma si dà il caso che il mio bisnonno sia stato davvero pretore a Cuvio. Il romanzo di Chiara non parla del mio bisnonno, lo scrittore ha scelto una pretura abolita per esser libero d'inventare. Del resto, il mio bisnonno è morto nel 1890, e il romanzo di Chiara è ambientato negli anni '30; inoltre, il bisnonno non era certamente uno sciupafemmine come il pretore Vanghetta del romanzo, comunque il mio interesse è comprensibile. Adesso la Aragno, a cura di Luigi Mascheroni, pubblica In viaggio, articoli giornalistici che Chiara aveva predisposto per la pubblicazione ma non fece in tempo a veder stampati in volume (pagine 394, euro 25). Nell'introduzione, Federico Roncoroni scrive: Chiara «cucì insieme in una sorta di carta geografica ideale, storica, artistica e quasi antropologica, le località più disparate: la Spagna, il Paese che più amava, il Portogallo, gli Stati Uniti, l'Olanda, la Cecoslovacchia, la Jugoslavia e, naturalmente, le città italiane, che rivide più volte, sempre con occhi diversi». Nelle puntualissime note ai testi, Francesca Boldrini ed Egea Roncoroni segnalano le fonti giornalistiche originarie: giornali italiani e ticinesi, dal 1948 al 1986. Apprendiamo così che Chiara collaborò parecchio con “L'Italia”, antenato milanese di “Avvenire”, prima della fusione con “L'Avvenire d'Italia”. Nel 2013 dal Pretore di Cuvio fu tratto un film diretto da Giulio Base, con Francesco Pannofino nel ruolo del pretore Vanghetta. Negli scritti di viaggio, Chiara appare come intimidito, attento a non farsi prendere dalla fantasia romanzesca delle sue opere maggiori. La scrittura è fin troppo sorvegliata, pur non essendo mai rigida, ma come se l'autore fosse preoccupato di mostrarsi all'altezza di un presunto stile giornalistico. Ma siamo lontani dai Buzzati, dagli Emanuelli, per non parlare dei Montanelli. Qui siamo a volte nella guida turistica, o nei temi di un liceale molto dotato che si sta preparando alla maturità. I testi sono antologizzati per gruppi secondo i Paesi di riferimento e, naturalmente, Italia: Venezia, Siena, Recanati Pisa, Cagliari, Perugia, eccetera. L'ultimo testo antologizzato apparve sul “Corriere della sera” il 16 settembre 1986. È intitolato L'incanto di Orta fatata e astrale e descrive l'arrivo dello scrittore al lago d'Orta che personalmente ritengo uno dei luoghi più tristi d'Italia, e forse d'Europa. Ci sono anche l'anziano maestro Tallone, l'unico accordatore di cui Arturo Benedetti Michelangeli si fidasse, con una sua piccola corte, e pochi turisti delusi che si consolano acquistando mortadella. Chiara conclude: «Non sanno quei turisti che Orta è una città fatata, di ombre e di fantasmi, da visitare di notte al chiaro di luna, o di prima mattina, quando non solo l'isola, ma anche le sue strade e i suoi palazzi fasciati di nebbia sembrano appena tornati da favolose lontananze». Ombre, fantasmi, favolose lontananze che Chiara dimentica però di raccontarci. Lo scrittore morì a Varese, il 31 dicembre dello stesso anno.
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