giovedì 7 ottobre 2021
È impressionante la forza con cui Greta usa le parole. Nel suo linguaggio ci sono dei riferimenti diretti a un dire che viaggia in un mondo globale. Quando apre il discorso con «Bla, bla, bla, bla» il solo suono di questa parola umilia chi lo sente, ha una efficacia simbolica, che nelle frasi che seguono non viene minimamente attenuata. Non avrebbe nemmeno bisogno di spiegare di chi parla e nemmeno di ripetere con una retorica appassionata (un ossimoro?) «bla, bla, bla, bla». È una ragazza dura, che sa a chi parla e che sa che le parole hanno un peso che non dipende da chi le dice, ma dalla perfetta conoscenza di chi le riceve. Quello che Greta fa è un “invio” ben preciso, lei si rivolge, indica, interpella, svela, come ogni ex adolescente mette a nudo i grandi, li priva delle loro medaglie e dei loro ruoli. Lei non si rivolge ai politici in quanto tali, ma in quanto “adulti”, responsabili come generazione del disastro in cui viviamo. Qui sta la sua forza, che non è “firmata” Greta, ma che la fa rappresentare un'intera generazione.
Questa giovane svedese è una millenial cosciente perfettamente del mondo che gli adulti le hanno sottratto. Nella retorica dei gattini e dei cagnolini, nella retorica dei “bambini carini” con cui gli adulti violentano l'immagine dell'infanzia, Greta ribalta la frittata. È una ragazza cattiva, severa, è lo sguardo dei bambini e dei giovani sugli adulti, sulla loro vuota protervia, sulla loro imbranataggine, sulla loro ipocrisia. Lei, che conosce bene con chi a che fare, perché li denuda dal loro ruolo istituzionale, li mette in un serio imbarazzo. Non è un caso che perfino il furbissimo Draghi cada nella trappola. Quando lui le risponde che il “bla, bla, bla” serve a convincere gli altri non capisce che si sta scoprendo: che cosa vuole fare? Entrare in concorrenza con questa ragazza? Essere un comunicatore come lei, essere un influencer? Fa capire a tutti di non aver capito che così denuncia la propria impotenza. Draghi, non deve fare il comunicatore, il suo ruolo non è convincere gli altri, ma è “fare”, il ruolo della politica non è quella di sostituirsi alla ricerca, al dibattito, alla comunicazione, ma quello di agire sulla realtà, la «vita activa» di Hannah Arendt. Il ben più imbranato Boris Johnson risponde che lui farà il bravo bambino, che vuole dire a tutti che tutto ciò è urgente.
Greta vince su tutti e due. Li sbatte contro il loro imbarazzante ingombro, elefanti politici che fanno finta di avere carisma, credito, autorevolezza. E invece hanno autorità, potere e non lo stanno usando nella maniera richiesta in una situazione di emergenza. Draghi ha da gestire il disastro del suo ministro all'Ambiente (ovvero della Transizione ecologica), Johnson è alla canna del gas, Trump ha per primo dato potere a questa ragazza mettendosi sul suo piano e cadendo rovinosamente sulle parole. Perché qui le parole non sono solo parole – bla, bla, bla – ma pietre che ti possono fare affondare, perché è il loro essere efficaci, toccare le cose nella loro nudità. Greta fa cose con le parole, sposta davvero equilibri, il suo parlare è una “forma di vita”, come la fame, il dolore, la gioia, l'amicizia, il nascere e il morire; fa parte di quei “fondamentali” che non possono essere falsificati né da Zuckemberg né dai politici.
Che i nostri nuovi sindaci italiani se ne rendano conto. Anche a loro tocca fare, subito.
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