martedì 14 aprile 2020
Per molti Gianluca Vialli è quel calciatore che ha vinto tutto con la Juve perché aveva due bicipiti cosí e naturalmente tutti i difetti juventini, e Mancini non è quello che ha vinto uno scudetto con l’Inter, da allenatore, senza neanche giocare? Parto da loro perché l’ultima volta che mi sono davvero divertito è stato quando la Sampdoria
ha vinto l’ultimo “scudetto in libertà” come l’Avvocato definì quello del Napoli ‘87, ahilui bissato nel ‘90. (Quando hanno rivinto Lazio e Roma, nel 2000 e 2001, le Romane facevano già parte dell’establishment). E Vialli e Mancini indossavano la maglia più bella mai creata agli ordini di un signore che andrebbe rammentato spesso per competenza, Vujadin Boskov, mentre i cantori moderni rammentano come inventori di calcio solo Sacchi e Guardiola. Addirittura Sarri. E affliggono il campionato ormai ridotto come il Festival di Sanremo, che si fa ancora per interesse e abitudine, e per questo viene difeso, ignorandone le canzoni più belle, i cantanti più popolari; e del calcio si rammentano solo Maradona e Platini, forse Baggio, ahilui infedele per principio, nell’era di Ronaldo e Basta. L’abbiamo chiamato Calcio Provinciale, come dire un torneo di poveracci, quello che registrava vincitori estemporanei. Nel ricordare l’impresa del Cagliari di cinquant’anni fa ho sentito citare il Leicester. Fatti i doverosi complimenti a Ranieri, che ha vinto introducendo l’Italiano nel calcio inglese, merita rammentare che la Sardegna ha avuto il suo scudetto da una squadra superdotata tecnicamente e fisicamente – e non dico solo Riva – arrivando a dominare la scena non per la forza del destino ma con suo merito. E l’impegno di Arrica e Scopigno. Come la Fiorentina del ‘56, di Befani e Bernardini, arrivata addirittura alla finale della Coppa dei Campioni, prima squadra italiana, risultando sconfitta dal Real già maestro d’imbrogli. Quella del ‘69 era stata costruita da Baglini e Pesaola con competenza – come il Bologna di Dall’Ara e Bernardini del ‘64 – e il Cagliari meritò la stessa attenzione che avrebbero avuto la Lazio di Lenzini e Maestrelli nel ‘73, il Torino di Pianelli e Radice nel ‘76 (nobiltà ritrovata), la Roma di Viola e Lidholm nell’83, il Verona di Guidotti e Bagnoli , il Napoli di...Ferlaino, Maradona, Bianchi e Bigon dell’87 e del ‘90. E appunto la Sampdoria di Mantovani e Boskov nel ‘91. E credetemi che mi sono divertito e...acculturato più con queste squadre che con le grandi, dotate di mezzi pari alla loro ricchezza! Mentre le “sorprese” finivano per pagare a caro prezzo non le vittorie ma il post–scudetto, quando si facevano investimenti pericolosi per restare seduti al tavolo delle Grandi, battibili con l’intelligenza, non con i soldi. Mi vien voglia di dire: ora tocca all’Atalanta. Mi farebbe piacere. Anche Bergamo rinascerebbe più un fretta: alla città non mancheranno i mezzi economici, le sarebbe d’aiuto un cuore di calcio.
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