giovedì 15 novembre 2012
Conservatorio di Milano, sala Puccini, in fondo al cortile antico. Nella rassegna che Milano Musica ha dedicato a Niccolò Castiglioni c'è un concerto-ritratto dal titolo, per me, attraente: «Tra gioco e spiritualità». Sul palcoscenico, arredato in un angolo da un armadio dipinto a fiori, incongruo e per questo concerto più che mai pertinente, si alternano i giovanissimi musicisti del Laboratorio di Musica Contemporanea, concentrati, appassionati. Eseguono, e ne sono consapevoli, le musiche inafferrabili di uno dei compositori più originali del Novecento, libero dalle nuove accademie come dal logoro dogmatismo: note liquide e ribattute, di una giocosità infantile, dove sgomento e allegria, splendore e sordo pulsare coesistono, a lamine sovrapposte, e per qualche istante illudono che l'interezza a cui aspiriamo sia possibile. Nei brani eseguiti, che hanno il nome di alcune lettere dell'alfabeto ebraico, Gymel, Daleth, Alef, He, tutto è nitido: l'essenzialità dei timbri, il mobile profilo melodico e la percussività pungente, la linea del tempo che avanza o, al contrario, si blocca in ripetitività ipnotiche. Ci si perde dentro questa musica, e ci si ritrova. La frase di Castiglioni, scelta per rappresentarlo nei concerti di Milano Musica, è da custodire e portare con sé: «Il rumore non fa bene e il bene non fa rumore».
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