venerdì 15 giugno 2018
Winston Churchill ha detto: «Gli italiani perdono le guerre come se fossero partite di calcio e le partite di calcio come se fossero guerre». E allora questa figurina di guerra è per sir Winston che era già al governo di Sua Maestà britannica, quando il soldato della III Armata Walter Tull consumava gli ultimi scampoli delle sue trenta primavere su un campo di battaglia. Ma Tull era nato per sfide su altri campi, quelli di football della Premier League. Figlio di un carpentiere delle Barbados, con il fratello Edward finì presto in un orfanotrofio. Edward studia e diventa dentista, Walter si innamora perdutamente del calcio e quelli del Tottenham ricambiano. Così, la squadra degli ebrei di Londra ingaggia il primo professionista colored del campionato inglese. Un centrocampista di talento talmente veloce da suscitare l'ira degli avversari e dell'orda razzista degli stadi del Regno Unito che per via del colore della pelle gli urlava: «Tornatene in Africa, scimmia!». Per quieto vivere, Tull retrocesse nella squadra riserve e da lì scivolò in quarta serie. Nel piccolo Northampton Town dove divenne il "grande" Tull e poi con la guerra, l'eroe caduto per l'Inghilterra sul campo di Calais, a trent'anni, marzo 1918. Tull in Africa non c'era mai stato, ma un campione del mondo come Lilian Thuram ricorda a tutti i razzisti: «La nonna dell'umanità, Lucy, è africana e risale a oltre tre milioni di anni fa».
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