venerdì 3 febbraio 2017
La Cineteca del Friuli ha restaurato e presentato al pubblico a Udine poche sere or sono un vecchio film del 1962/63, Gli ultimi, scritto e diretto da padre David M. Turoldo e da Vito Pandolfi, che venivano da tutt'altre esperienze che quelle cinematografiche. Il primo, ben noto ai lettori di questo giornale, era un padre servita che era stato partigiano insieme al confratello Camillo De Piaz, con lui animatore della Corsia dei Servi milanese, e fu peraltro gran predicatore e fu poeta di qualità, pubblicato nello Specchio mondadoriano a fianco delle raccolte di Montale e Saba, di Ungaretti e Sereni, di Giudici e Zanzotto. Pandolfi fu invece critico e organizzatore teatrale (fondò tra l'altro, in sintonia con quel che facevano a Parigi Barthes e Dort, una rivista di "Teatro popolare") e, in concomitanza con quel che facevano a metà degli anni cinquanta Calvino con la raccolta delle fiabe popolari e Pasolini con quelle della poesia dialettale e della poesia popolare, stabilì una affascinante raccolta di Copioni da tre soldi, una panoramica di quel che di autonomo e creativo produceva lo spettacolo popolare ancora negli anni cinquanta e dal nord al sud: dalla sceneggiata al circo, dai ciarlatani e giocolieri di fiera ai canta e contastorie, dall'avanspettacolo alla canzonetta. Gli ultimi nasceva dalle memorie d'infanzia di padre Turoldo, e dalla sua infantile ossessione per un "doppio" dapprima vissuto come nemico e poi come amico, uno spaventapasseri che troneggiava nei campi che il padre lavorava. Erano gli anni del fascismo, dell'emigrazione verso le miniere del Belgio, della Grande Crisi americana i cui effetti giungevano pesantemente anche da noi. Gli anni di un mondo contadino povero o poverissimo, di braccianti del feudo, al Sud, e di piccoli proprietari o affittuari o braccianti al Nord, dal Piemonte al Veneto alla Romagna. Film austero, povero, ma di un'intima e fortissima luce, Gli ultimi evoca un'infanzia nel contesto di una famiglia e di un ambiente sociale e naturale aspri e difficili. (Ha due limiti: un commento musicale di Rustichelli desunto dalla musica classica, invadente ed eccessivo al contrario di quel che accadeva nei film di Pasolini, dove la scelta dei brani era dovuta alla competenza e acutezza di Elsa Morante, ché Pasolini come Turoldo di grande musica sapeva solo l'essenziale; e il doppiaggio in perfetto e freddo italiano.) Non ebbe successo, Gli ultimi, negli anni più gloriosi del cinema italiano, quando, vicino ai grandi Fellini Antonioni, Monicelli debuttavano esordienti come Pasolini e Olmi, Petri e i Taviani e tanti altri. Gli accadde come a un altro piccolo grande film, Banditi a Orgosolo di De Seta, di scontare la sua austerità e il suo rigore, una diversità rivendicata. Si spera che la nuova versione possa circolare in dvd e che tanti possano vederlo, non solo i "furlani", per ricordarci da dove veniamo, il nostro passato di contadini e migranti.
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