giovedì 13 dicembre 2012
Apro una parentesi per parlare di santa Lucia. È il mio secondo nome, Lucia, e su qualche documento compare, ma è stato ormai dimenticato, e non solo sulle carte anagrafiche. Dove sono nata, in Piemonte, e dove vivo, a Milano, il 13 dicembre è una giornata come tante e non una festa come in altre regioni italiane. Mi sono sempre raffigurata Lucia attraverso la pittura, un dipinto in particolare, nella chiesa di San Zaccaria a Venezia, dove lei, di profilo, assorta, è alle spalle di Gerolamo; nella mano destra, che solleva lembi di un abito semplice e prezioso, la scatola con gli occhi. Quest'anno, forse perché mi hanno chiesto di scrivere un racconto su santa Lucia, a sostegno di un'associazione che opera a favore dei bambini ipovedenti, sono andata a cercare le storie che la riguardano: il martirio della fanciulla siracusana nell'epoca di Diocleziano, il culto promosso da Gregorio Magno, la sua diffusione dalla Sicilia a Ravenna a Costantinopoli. Quello che però ha finito per incuriosirmi sono altri occhi di santa Lucia. Si raccolgono sulle spiagge della Sardegna e sono piccole pietre rotonde e lisce con al centro un ricciolo rosato che si avvolge su se stesso. Secondo le leggende popolari, questo ricciolo-occhio è l'iride che santa Lucia aveva versato in mare come dono all'umanità, e che le onde restituiscono. Chiudo la parentesi.
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