mercoledì 15 dicembre 2010
Il quarto Meridiano che Mondadori dedica a Giuseppe Ungaretti, comprende le Traduzioni poetiche, a cura di Carlo Ossola e Giulia Radin, con un saggio introduttivo dello stesso Ossola, e la preziosa, amplissima Cronologia che i due curatori hanno fatto diventare vera e propria bio-bibliografia ragionata. Il volume è di 1.808 pagine, costa 55 euro e completa, con i tre volumi precedenti (Tutte le poesie, Saggi e interventi, Viaggi e lezioni, il tutto all'insegna di Vita d'un uomo) il monumento dovuto al padre della poesia italiana del Novecento, verso il quale la cultura italiana ha una malcelato senso di colpa per non avergli dato, in vita, tutti i riconoscimenti a cui aveva diritto (nessun seggio senatoriale, nessuna candidatura davvero convinta al Nobel, toccato invece a Quasimodo e a Montale che di Ungaretti sono, se non allievi, largamente debitori).
Del corpus delle traduzioni ungarettiane colpisce, innanzitutto, la mole e poi la sicurezza delle scelte, da Poe a Saint-John Perse, a Blake, Gongora, Essenin, Shakespeare, Mallarmé, Racine, Pound, Ponge, Michaux. Giustamente Ossola insiste sulla dimensione europea di Ungaretti, come dimostra il semplice elenco dei nomi suddetti, tenendo conto che Ungaretti si spingerà anche nell'America latina con de Andrade e Vinicius de Moraes.
Ungaretti si mostra particolarmente a proprio agio con la poesia francese, dato che egli era praticamente bilingue, tanto da aver tradotto in francese anche Leopardi. Inoltre, l'intensa amicizia con Jean Paulhan, direttore della Nouvelle Revue Française, gli facilitò i contatti e gli fu prodiga di ascoltati consigli.
Qui vorrei limitarmi a segnalare, soprattutto come invito alla lettura, la traduzione di Anabase, l'immenso (non tanto per mole) poema di Saint-John Perse, che Ungaretti tradusse proprio per suggerimento di Paulhan.
Pubblicata nel 1924, Anabase interessò subito la cultura internazionale: nel 1926 venne tradotta in russo, nel 1929 apparve in tedesco a cura di Bernard Groiethuysen e Walter Benjamin con prefazione di Hugo von Hofmannsthal; T. S. Eliot la tradusse in inglese nel 1929, e nel 1931, con le traduzioni in spagnolo e in romeno, fu pubblicata anche la traduzione di Ungaretti che vi aveva lavorato per quasi cinque anni.
A prima vista, l'ascetica asciuttezza di Ungaretti sembrerebbe distante dall'eloquenza sontuosa di Saint-John Perse, invece ci sono elementi in comune, non solo perché tutti i grandi poeti nutrono familiarità tra loro. L'elemento più evidente è lo spazio, il deserto, che Perse assimilò mentre lavorava all'ambasciata francese di Pechino, e che fa parte del patrimonio genetico di Ungaretti, nato ad Alessandria d'Egitto.
Ed è attraverso Perse che Ungaretti approdò a Mallarmé, definendo la linea Poe-Baudelaire-Mallarmé che caratterizza la sua poesia, intrecciata al filone Petrarca-Leopardi.
Non solo. Il lavoro di traduzione inevitabilmente influenzò la poesia in proprio di Ungaretti, che lavorava ad Anabase mentre componeva la sua opera maggiore, il Sentimento del tempo (1933), così come, più tardi, la Fedra di Racine influenzerà i Cori descrittivi dello stato d'animo di Didone che confluiranno nella Terra promessa (1950).
Di enorme importanza, nel nuovo Meridiano, anche l'Appendice inedita che raccoglie, con il titolo Il demonio meridiano (mutuato da Caillois), i materiali assemblati da Ungaretti per un progettato commento alla Primavera di Leopardi.
Ma, per tornare ad Anabase, Ungaretti si basò sul testo del 1935, mentre l'Opera omnia di Saint-John Perse, curata dal poeta stesso con autocommento in terza persona, segnala un'unica variazione: nel Canto X, strofa 5, dove si parla di «colui che strascica un'aquila morta come un carico di fronde sui suoi passi (e la piuma è data, non venduta, per l'impennatura degli archi)», Saint-John Perse corresse «empennage des flèches» anziché «des arcs», dunque «impennatura delle frecce» e non «degli archi». A riprova che l'afflato cosmico del poeta francese, Nobel 1960, si basa pur sempre sull'esattezza dei particolari.
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