mercoledì 8 settembre 2021
Davide Brullo aveva pubblicato nel 2011, presso Città Nuova, una traduzione dei Salmi, bellissima. Ma tradurre i Salmi è un lavoro che non si può mai dare per concluso, inesauribili essendo sia l'originale, sia l'assillo del traduttore. Ecco qui, dunque, una nuova edizione dei Salmi brulliani (Aragno, pagine 438, euro 20). Dall'introduzione 2011 cogliamo questa perentorietà: «I Salmi sono di Davide. Non importa se non tutti sono assegnati a lui, se il re probabilmente non ne ha scritto di suo pugno neppure uno: i Salmi sono di Davide. Del re umano, troppo umano, e perciò debole. Del saggio e dell'adultero, del compassionevole e dell'omicida: Davide giostra la cetra e la fionda, come Apollo l'arco e la lira (la parola taglia, frattura, è sempre violenta, nasce per ferire)». Nella nuova edizione troviamo: «I Salmi non vanno letti come una raccolta di poesie – ma ripetuti, ripassati a memoria, leccando ogni verso fino a smarrire le coordinate della comprensione. I Salmi non si meditano, si colgono incessantemente, finché non diventano fischio e noi ci tramutiamo in fiera, in preda». Qualche confronto è inevitabile, e quindi non lo evitiamo. Prendiamo il Salmo 131, uno dei più brevi. Il finale della traduzione di Brullo suona così: «Addestro la mia anima l'acquatto / è un bimbo incassato nella madre / è un bambino la mia anima/ gettati in Yhwh Israele / da ora dentro il sempre». La traduzione di Davide Maria Turoldo ha una nota di Gianfranco Ravasi intensamente luminosa: «Non si tratta, come molti pensano, del bambino ancora allattato; il termine ebraico definisce il bimbo svezzato e l'immagine, allora, è quella molto orientale del bimbo che la madre porta sul dorso». Questo per dire quanto è complicato cimentarsi coi Salmi. La nuova traduzione di Brullo ha anche un'appendice intitolata «“Un bagliore attorno all'angolo destro della bocca”. Paul Celan e il salto a capofitto nel Salmo 16». Nel 1971 venne pubblicata la raccolta di Celan Schneepart (Parte di neve), postuma perché il poeta, cinquantenne, si era gettato nella Senna il 20 aprile 1970. Contiene una poesia con questi versi: «Linee come d'una mano traversano / la fronte, fra desertici detriti, sulle / rupi del tavolo / ti manda un bagliore attorno / all'angolo destro della bocca il / sedicesimo Salmo». Seguendo Guido Ceronetti, Brullo ritiene che la chiave del Salmo 16 sia nei versetti 10-11, che nel 2011 aveva tradotto così: «Non scacci la mia anima nello Sheol / non pressi nella fossa chi ti è affiliato // sveli la via della vita / nel tuo volto è gioia sopraffina / impugni eterna quiete». Nella nuova traduzione, i primi due versi diventano: «Non mi perdi nelle cavità / non lasci il fedele all'abisso», ma nell'appendice c'è una nuova versione: «Nello Sheol non scema l'anima / nella fossa non affolli chi ti è affidato / elevi la via della vita / sgargiante il tuo viso / nella tua destra l'Eden». Il significato, comunque, per Brullo rimane: «Dio si svela come via che dà la vita, erge la morte in oblio per chi gli è fedele, armato di bene». Ed è un accenno di speranza anche per il povero Celan.
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