giovedì 14 gennaio 2016
Ieri tra sorrisi… Benigni, in pagina Stenio Solinas (“Giornale”, p. 22) sul bimillenario «fascino» di Roma «aristocratica e plebea». Roma: da 2000 anni i Papi? Solinas parla d'altro, ma lì sotto Andrea Cuomo ricorda la celebre invettiva romanesca, «Li mortacci tua!», usata in passato anche per esprimere simpatica sorpresa. Lui però scrive che oggi «non fa ridere, è solo cattiveria». Vero. Del resto come cattiveria è nata, ma è… storia di Papi. Infatti nel Liber Pontificalis edito dal Duchesne (Paris, 1886, I, pp. 231-232) leggi che nel 545, tra Roma e Civitavecchia, fu l'invettiva del popolaccio ostile a papa Vigilio che non aveva voluto appoggiare l'eresia monofisita e perciò fu fatto prigioniero e portato a Costantinopoli per ordine dell'imperatrice Teodora, moglie di Giustiniano. Lungo il viaggio verso il porto di partenza della nave, il popolo appariva diviso tra chi compiangeva il prigioniero e chi invece lo insultava così, gridando queste parole: «Male fecisti Romanis, male invenias ubi vadis!» (Hai fatto del male ai cittadini di Roma, che possa trovare male dove ora vai!) e aggiungendo la chiusura spietata e offensiva: «Mortalitas tua tecum pro te» (Tutti i tuoi morti con te e per te!). È l'origine storica dell'insulto, poi complimento magari alla Sordi, che però ora – ha ragione Andrea Cuomo – «è solo cattiveria». A complemento di tutto si può aggiungere che più recentemente e in romanesco si continuava così: «…Mortacci tua, e de tu' nonno in carriola a Capolecase!». Nel cimitero allora agli estremi della città, appunto «all'inizio delle case» – oggi via Capo le Case, pieno centro, presso via del Tritone – i “fossori” scaricavano le carriole con i residui delle ossa dei morti dopo la riesumazione dei resti per liberare gli spazi per le sepolture in arrivo. Requiem!
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