venerdì 12 giugno 2015
La maestrina era il titolo di una commedia famosa negli anni Trenta dello scorso secolo (diventò anche un film). Era ambientata in una provincia che sembrava immutabile ed era più sentimentale che pedagogica, anzi pedagogica non lo era per niente. Avendo studiato da maestro nella provincia degli anni cinquanta, l'avevo cercata e letta, irritato dal suo perbenismo. Ho continuato a conoscere molte maestre e maestri elementari e mi sono quasi sempre sentito in sintonia con loro, come in una consorteria di chi sa alcune delle cose più essenziali, ma non le sbandiera. Alcuni hanno poi fatto altro, in campi diversi, ma la loro identità più intima è rimasta segnata da quell'esperienza. Ed ecco che mi scrive oggi dalla provincia una maestra che ho conosciuto alla fine di un dibattito (non sulla scuola) due settimane fa. È una lettera esemplare di un disorientamento che riguarda tanti, di fronte alle mutazioni imposte alla scuola dal nuovo capitalismo, in Italia come altrove, ma in Italia in modi più plateali e confusi, spesso ipocriti, meschini, con la complicità di tanti pedagogisti titolati. Mi dice questa nuova amica: «Insegno da 16 anni, ho scelto di fare la maestra subito dopo le magistrali (l'università l'ho fatta sempre insegnando) e ho sempre amato moltissimo questo lavoro. Da un paio d'anni però alcune fatiche si sono fatte particolarmente difficili da sostenere (rapporti con i genitori in primis) e più volte mi sono chiesta se non sia il caso di dedicarsi ad altro. Prima di fare questa scelta così importante ho deciso però di guardarmi attorno... per capire se è davvero il caso che io abbandoni l'insegnamento o forse è solo il luogo che non ha più niente da dirmi o semplicemente ho bisogno di stimoli e conoscenze nuove che mi permettano di ritrovare delle ragioni…». Ho messo in contatto questa nuova amica con alcuni maestri di cui mi fido, per esempio Franco Lorenzoni, che ha pubblicato da poco per Sellerio il bellissimo diario di un anno scolastico che tutti i maestri dovrebbero leggere. Sono certo che troverà nuovi stimoli e nuovi amici, perché sì, da soli non ce la si fa, ed è davvero difficile resistere in una scuola dove i colleghi sono sempre più abulici, i genitori sempre più isterici, e al centro, a Roma, ci sono politici e funzionari che di queste cose si direbbe non capiscano più niente: confusionari capaci solo di disquisire sui diktat del mercato, e di ossequiarli.
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