domenica 24 gennaio 2016
Nell'Urss di Stalin - «l'uomo che più di tutti ha fatto per la liberazione e per il progresso dell'umanità» (l'Unità, il giorno dopo la morte) - l'omosessualità era considerata «il prodotto di decadenza delle classi sfruttatrici» borghesi e punita con carcere fino a 8 anni, perché «in una società democratica fondata su sani principi, per tali persone non c'è posto». Oggi il manifesto, che nella testata ancora si dichiara «Quotidiano comunista», definisce le riserve di mezzo Parlamento per il ddl della Cirinnà sul paramatrimonio fra persone dello stesso sesso «il nuovo mantra contro gli omosessuali» (venerdì 22). «Mantra» è parola sanscrita, che indica l'«organo del pensiero», ma è usato per significare ripetizione, noia, disprezzo… Messi ormai fuori gioco i loro vecchi argomenti politici, il residuo dei comunisti di partito e i partitini dell'attuale sinistra estrema hanno assunto come ideologia quella radicale, cioè l'individualismo di destra, detronizzando Pannella dal suo socialismo egotistico. A chi ha fede nell'uomo-che-si-fa-da-sé basta rivendicare il «principio di autodeterminazione», cioè il diritto di fare ciò che si vuole: tutto è lecito, ideologismo quanto mai accattivante per chi non ne ha di migliori. È significativo che da un retroterra di disprezzo, di squalificazioni e di «omofobia» (per dirlo con una parola sbagliata, perché «fobia» vuol dire «paura» e non «odio») e di ingiurie si sia di colpo passati, con l'aiuto dei falsi «diritti (distorti) civili», a un linguaggio à la page assai poco sincero, ma valevole per sostenere i «diritti» specifici reclamati dalle persone omosessuali. Ormai il residuo di comunismo - che ancora «si aggira per l'Europa», come dicevano Marx ed Engels nel Manifesto, quello vero del 1848, ma sempre più in forma di fuggevole «spettro» - tenta di lasciare qualche debole segno di vita: giovedì 21 il manifesto quotidiano, titolava la prima pagina «Stadio di famiglia» (poco spiritoso) e la quarta con: «Gli ultrà della famiglia». Mille volte meglio gli «ultrà» del Circo Massimo, perché già allora la famiglia era il soggetto massimo delle istituzioni civili, senza commerci di gameti magari recuperati dopo 10 anni di soffitta (Corriere di Bologna, giovedì 21), senza affitti di uteri, step child e risibili omonozze… Oggi c'è persino chi si accontenta - una Signora milanese lo racconta a Libero (lunedì 4) - di aver «adottato una nutria. È meglio di avere un figlio». Per la nutria.CHARTA CANTATAlla morte in ospedale di una donna durante un intervento di aborto volontario (tutti i giornali, mercoledì 13) è seguito un gran chiasso contro, chissà mai perché, i medici obiettori. Una giornalista italiana l'ha fatto sapere al The New York Times (22-28 gennaio), che ne ha fatto un ampio servizio dal titolo: in Italia «Abortire si può ma solo sulla carta». Guarda caso: L'Espresso del 28 gennaio si apre con un articolo di Roberto Saviano dal titolo: «Se il diritto di aborto c'è solo sulla carta».
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