I danni provocati dallo strutturalismo nell'incompleta «mappa» di Cherchi
sabato 19 maggio 2012
Paolo Cherchi, autore del volume La rosa dei venti. Una mappa delle teorie letterarie (Carocci), è dotato di intelligenza e buon senso, ma mi sembra a volte un po' disinvolto nell'informazione e non molto coerente. Parla di teorie della letteratura mostrando spesso di non crederci, nevede limiti e storture, dice che in fondo il «practical criticism», la reale pratica critica, è forse più importante delle teorie generali della letteratura: teorie quasi sempre unilaterali che si concentrano su un aspetto dimenticandone altri. Ma il suo libro ignora del tutto coloro che in Italia hanno messo in discussione i fondamenti delle teorie strutturaliste usando argomenti teorici: primi fra tutti Franco Brioschi (che ha avuto il torto di essere deceduto alcuni anni fa) e Costanzo Di Girolamo (che ha il torto di essersi dedicato in seguito quasi esclusivamente alla filologia romanza).Brioschi e Di Girolamo sono stati veri teorici e non letterati che impastano i loro discorsi con terminologie teoriche. I migliori libri di teoria letteraria pubblicati in Italia sono stati La mappa dell'impero e Critica della ragion poetica (Brioschi) e Critica della letterarietà (Di Girolamo). Intorno a quei saggi si è sviluppata la più radicale contrapposizione di punti di vista fra il 1978 e il 1986. Peccato che Paolo Cherchi non ne sappia nulla. La sua mappa trova interessanti episodi molto marginali o che hanno più a che fare con le tendenze della critica che con la teoria.Già, la critica. È possibile parlare di teoria senza parlare di critica? Nelle ultime pagine del libro Cherchi dice che non bisogna sprecare tempo «a rimpiangere vecchie forme di critica, anteriori alla rivoluzione strutturalista». E questo dopo aver mostrato quanto quella presunta rivoluzione sia stata spesso un equivoco, spesso una moda e abbia per diversi anni desertificato gli studi letterari. Infine, ecco: «è motivo di qualche speranza» che esista una critica letteraria sui giornali, leggibile dai non specialisti, che parla «di realismo, di credibilità dei personaggi, di messaggi morali o politici». Tutte cose belle, secondo Cherchi. Ma la sua mappa le ignora.
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