mercoledì 17 dicembre 2014
A distanza di 12 anni Aldo Canovari, editore di Liberilibri, ripropone il breve saggio di Anatole France Crainquebille (pp. 104, euro 14), tradotto e commentato dal magistrato Carlo Nordio, per comprovare che da allora la situazione della giustizia penale in Italia è ulteriormente degradata, pur nella speranza «che il legislatore, radice prima del male, riplasmi il diabolico arsenale penalistico secondo criteri di civiltà, ponendo anche limiti più ragionevoli a quel "terribile potere" che egli stesso, con le sue leggi, ha creato».Anatole France descrisse nel 1902 le peripezie di un venditore ambulante, Crainquebille, al quale, mentre aspettava di essere pagato «da una mezza megera» che aveva acquistato dei porri, un vigile intimò di circolare per non intralciare il traffico. Nordio prosegue: «Ne nasce un diverbio, e la guardia si sente offesa. Denunciato, imprigionato e processato, Crainquebille viene condannato malgrado la qualificata testimonianza di un medico a suo favore. Sconta la pena con rassegnata tranquillità. Ma il peggio deve ancora venire. Isolato e deriso perde i clienti, il lavoro, la pazienza e la testa. Diventa acido, intollerante, cattivo. Privo di un tetto e di un pezzo di pane, tenta il trucco: farsi arrestare di nuovo, per sopravvivere a spese dello Stato. Tuttavia il colpo non gli riesce, nemmeno la galera lo vuole più».È significativo che a interessarsi del racconto del Premio Nobel 1921, fino a prendersi la briga di tradurlo, sia stato e sia un magistrato come Nordio, che ha condotto le inchieste sulla Colonna veneta delle Brigate rosse (1979-1982), sulla prima Tangentopoli veneta e le cosiddette cooperative rosse (1992-1997), e che attualmente coordina le indagini su reati economici e contro la pubblica amministrazione. Il saggio è un'accusa e un'autocritica, data la rappresentatività del traduttore/curatore.Nell'introduzione scrive: «Da vent'anni, e forse più, della giustizia si cerca di fare un uso politico, aggravato da una cortina di fasulle istanze moralizzatrici. L'esempio più clamoroso è la stortura logica, etica e giuridica dell'informazione di garanzia, istituita per "informare" un cittadino e per "garantirgli" un'assistenza tecnica sin dalle prime fasi delle indagini, evitandogli di essere, di punto in bianco, ingabbiato e mandato a giudizio. In sostanza e a rigor di logica, chi riceve l'informazione di garanzia dovrebbe rallegrarsene, e ringraziare il legislatore della sua benevolenza soccorrevole, ben diversa dalla feroce invadenza inquisitoria delle indagini compiute in segreto». Eppure, continua il magistrato, «per una perversa combinazione di ignoranza procedurale, spavalda insolenza etica e di turpi interessi, la spedizione di questa famigerata cartolina è diventata un'anticipazione di processo e di condanna, nonché, e qui sta il peggio, motivo di estromissione politica».Il colmo del paradosso è che «in Italia è facile entrare in galera prima del processo da presunti innocenti, quanto lo è uscirne dopo la condanna, da colpevoli conclamati». La degenerazione più dolorosa del nostro sistema è l'esasperata lentezza dei processi, e «l'esempio più significativo di questo fallimento è stato il processo Andreotti, durato circa 10 anni e conclusosi, in primo grado, con la piena assoluzione».Ecco un'altra citazione che, come le altre, non richiede commenti: «Il magistrato è investito di due poteri. L'uno quasi divino, di giudicare il suo prossimo. L'altro, più immediato e cruento, di incidere sulla sua libertà con la cattura, e sul suo onore con la stampa. Non dovrebbe limitarsi a rispettare le leggi. Dovrebbe rispettare la dignità e i sentimenti altrui. E dovrebbe avere il coraggio, soprattutto quello, assai difficile e raro, di essere umile. Anche perché i cittadini si fidano sempre meno di lui». L'augurio è che molti, moltissimi colleghi di Nordio leggano quanto ha scritto in questo piccolo, urticante libro.
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