sabato 21 aprile 2012
«Vorrei sapere per quali ragioni avviene che alla stazione di Trento, mentre prima agli sportelli (di vendita) dei biglietti vi erano tre impiegati, oggi ve ne sono 12 malgrado il numero dei biglietti sia diminuito... Quando poi vedo un ufficio postale, capolinea di dieci stazioni, che per fare il servizio di dispacci-lettere spendeva col sistema austriaco 17 mila lire annue e con il sistema italiano 87 mila, mi domando se si possa arrivare a risparmiare tanto spago, tante buste e tanta ceralacca di cui fa tanto spreco l'amministrazione italiana». Ilarità, fu il commento al primo discorso del deputato De Gasperi alla Camera italiana dopo la liberazione della sua terra nel 1921. Il rispetto per i beni dello Stato fu sempre presente alla sua vita politica ed è sua fortuna non poter assistere al degrado che ci offrono oggi i media, tanto pesante e così diffuso che agli onesti fa male al cuore. Quanto tempo è passato da quando un ministro, causa una crisi di governo, inviava una lettera di dimissioni al Presidente del Consiglio ringraziando per la fiducia avuta ed usciva dal palazzo a piedi! L'esagerata disinvoltura con la quale la politica ha sopportato di mescolare gli interessi personali con quelli dello Stato, la realtà dei sacrifici richiesti e dall'altra parte non chiaramente offerti, ha creato un disinteresse per il bene comune aprendo così alla disonestà individuale e di associazione un mondo quasi irrecuperabile. Chi non è ancora caduto in questo inganno si chiude in un individualismo da difendere ad ogni costo, perché altra via non trova. Anche la rivolta non ha forza di farsi sentire perché la crisi non è solo economica, ma vive nel fondo dell'animo che non conosce più il sapore del lavoro fatto per il bene comune. Alla vigilia della nuova costruzione di uno Stato distrutto dalla guerra sentivamo queste parole: «Noi ci rivolgiamo pieni di fede nel popolo italiano con il proposito non di governarlo, ma di servirlo in spirito di giustizia e di carità...». Se fossi capace di scrivere un'opera teatrale, metterei al fondo della scena il gruppo folto delle madri, quelle che avevano sopportato e vinto con determinazione anni di difficoltà, e che oggi con il loro grido di sofferenza vedono i figli caduti nell'abulia e nella rassegnazione. Gli ideali, quali essi fossero, sono stati addormentati o spogliati del loro senso vero e profondo e trasformati in interessi da rincorrere a qualunque prezzo. Tuttavia mentre senza volerlo ci troviamo ad essere giudici di una situazione tanto angosciosa e difficile, dobbiamo tenerci forte alle regole della democrazia. È passata ai cittadini, in quanto tali, la necessità di aiutare gli onesti, di offrire l'esempio di correttezza e di rinata unità. Ascoltare le voci della libertà che ci è costata così cara, riprendere il senso della serietà e della positività delle nostre azioni e far scoprire ai nostri giovani quanto paghi la dirittura morale, la limpidezza dell'anima, la gioia di sentirsi puliti, è ancora il nostro compito.
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