venerdì 11 luglio 2014
Quanta strada avrà fatto Bartali? Quanta, con tutti quei documenti d'identità infilati nel telaio? Falsi, anzi falsissimi. Rischiando la pellaccia, il Ginettaccio, avanti e indietro tra Firenze e Assisi, dove quei documenti avrebbero salvato la vita a ebrei in fuga, nascosti nei conventi della "città aperta". Agili sgambatine di nulla, mentre a sud rombava il cannone e gli alleati avanzavano ma piano, troppo piano, non come Ginettaccio in bici che macinava i chilometri come un treno, solo sbuffando di meno. Nei giorni scorsi altri ciclisti, tra cui alcuni non vedenti su tandem, hanno ripercorso lo stesso itinerario portando in canna i fac simili di quelle gloriose carte d'identità false stampate dai tipografi Brizi. Mercoledì scorso, dopo la benedizione alla basilica di San Francesco, cerimonia di partenza al Museo della Memoria, dov'è conservata la rotativa dei Brizi (grazie a loro e all'organizzazione clandestina messa in piedi dal vescovo Nicolini, molti ebrei cittadini italiani poterono dissimulare la propria identità, evitando la deportazione e la morte pressoché sicura nei lager). Andrea Bartali, figlio di Gino, ha consegnato al gruppone la copia di una vecchia carta d'identità falsificata e quindi via, verso Terontola dove, alla stazione, una targa ricorda l'impresa di Ginettaccio. Ieri, infine, l'arrivo a Firenze, dove al Giardino dei Giusti sono stati deposti i documenti falsi ricevuti ad Assisi. Missione compiuta. E quanta strada, tutta strada giusta.
© Riproduzione riservata
COMMENTA E CONDIVIDI