domenica 8 agosto 2010
«Amo, dunque uccido»! Ieri tre parole sulla prima di "Liberazione". Per una follia? Sì, ma in due sensi, e il secondo, nascosto, è il peggio. Segue dunque racconto e riflessione: «Lasciato dalla fidanzata esce di casa e massacra di botte la prima donna che incontra"Fatti e statistiche provano che monta una cultura maschile che fa di chi ama un proprietario e un padrone dell'amata». Il discorso pare ragionevole, ma inganna: denuncia l'effetto e nasconde la causa. È «amore», questo? Dicono così, ma è il nucleo del dramma"Un salto indietro: il 17 settembre del 1980 Giovanni Paolo II in udienza citò una frase di Gesù (Mt. 5, 27-28) «Se un uomo guarda una donna con desiderio ha già commesso adulterio». Seguì una serie di strilli sui tabù, la repressione del sesso, l'arretratezza e la sessuofobia della Chiesa cattolica. Allora scrivevo per "Il Secolo XIX" e il direttore Giulio Anselmi mi chiese di chiarire. Vale per oggi: nel Vangelo c'è il verbo greco «epithyméo», con accento essenziale sul «thymòs», che nella fisiologia primitiva era l'organo della violenza, quindi quel «desiderio» non è quello dell'èros autentico necessario e bellissimo - Benedetto XVI ne ha parlato ampiamente nella "Deus caritas est" - che approda all'amore fatto di libertà, apprezzamento, tenerezza e rispetto, ma solo quello della pretesa di possesso violento che non solo non rispetta la donna, ma la ritiene una «cosa» a disposizione della volontà maschile, da usare e magari buttare via. Quant'è moderno, Gesù! Quell'«amo» sulla prima di "Liberazione" è falso, e dice fallimento di una cultura non solo maschile, spacciata per moderna e liberante, che porta morte"
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