domenica 30 maggio 2010
Per capire perché è stata inventata la parola "eterosessuale" " solo apparentemente innocua " leggete l'articolo dell'Unità (lunedì 24) sulle "terapie riparative" dell'omosessualità, che, naturalmente, il giornale respinge con sdegno: «Negli omosessuali non c'è niente di guasto». Lo dicono due Ordini regionali degli psicologi e perfino l'OMS. Il che non significa per niente che ciò sia vero. Qui, però, ci interessa solo la parola di antilingua "eterosessuale". Questa è un artificio linguistico realizzato sul modello di "omosessuale" per ottenere l'equivalenza di valori fra i due comportamenti sessuali opposti e normalizzare l'orientamento anomalo e, da qui, ricavare le possibile artificiose conseguenze: i cosiddetti "diritti" degli omosessuali (ma perché qualificarsi come una specie umana a parte?). «Le terapie riparative non esistono», scrive l'Unità: «È come se un eterosessuale seguisse dei corsi per diventare omosessuale». Questa, però, non è che una maniera per dare come scontata la parità valoriale delle due parole, che l'uso insistente di "eterosessuale" (al posto, semmai, di "normosessuale") ha già conquistato in buona parte della cultura odierna. È ovvio che, essendo l'idea di alterità implicita nel concetto di sesso (ciascuno dei due fa appello all'altro - in greco héteros), sia necessaria una parola specifica per colui/colei il cui appello è rivolto, cosa anomala, al proprio uguale (in greco homós). Ciò che va designato con un nome ad hoc non è la norma, ma solo l'anomalia. Accreditando quest'ultima, le si fa perdere la "a", ovvero l'"alfa privativa" di "senza norma". L'esempio polemico di poco fa andrebbe scritto: «È come se uno/a volesse diventare omosessuale». Ogni parola di antilingua è un grimaldello culturale per scassinare il patrimonio etico della lingua italiana.
Postilla " A chi sostiene che «non c'è nulla di guasto» si può contrapporre non solo la canzone di Giuseppe Povia "Luca era gay", ma anche il recentissimo volume con la "Vita di Paolo Coelho ", il "guru della New Age" e scrittore brasiliano "da 130 milioni di libri venduti", il quale al suo biografo ha confessato che anche lui non solo «è marxista e ateo», ma perfino «era gay» (Il Riformista, giovedì 27). E ora non lo è più.

SUICIDA RIDENS
Il "suicidio demografico" dell'Italia, per cui il cardinale Bagnasco ha espresso ai Vescovi in assemblea tutta la sua preoccupazione, piace a Mattia Feltri, figlio del più noto Vittorio e «uno degli ultimi arrivati nell'affollato e narcisistico mondo della stampa italiana» (la definizione è di Claudio Sabelli Fioretti su Sette del febbraio 2002). A Feltri Jr, questa Italia piace proprio perché è «priva di valori e vuole divertirsi, rifugge le responsabilità, rabbrividisce all'idea di avere figli» ed è «posseduta dal demonio (sempre meglio che dai parroci)» (La Stampa, sabato 25). Se ciò, chissà perché, a lui fa soltanto ridere, a me lui, invece, fa piangere. Potrebbe rileggersi sull'Unità, giornale al di sopra di ogni sospetto (sabato 15), il giudizio di Fred Pearce, autore e giornalista inglese (The Guardian, Internazionale, New Scientist) e uno dei più noti studiosi mondiali di questioni ambientali: «Gli Italiani sono a rischio di estinzione».
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