giovedì 26 settembre 2013
Equivoci. Per carità: illustri, dotti, autorevoli, in pagina quasi ex cathedra laica, ma sempre tali. Si commenta… E commentando si mostra di non aver capito bene, anche ad alto livello. Con rispetto, ma anche con franchezza. Francesco ha scritto a Scalfari, e Benedetto a Piergiorgio Odifreddi. Eventi: cui seguono commenti. Così su "Repubblica" (15/9, p. 25: «Il metodo di Francesco») Adriano Prosperi affermava che il Papa «ha aperto il suo cielo cristiano senza limiti a chi segue la retta coscienza, e così ha spostato il terreno dalla teologia e dai dogmi alla morale». Che dire? Che «il cielo» è stato da sempre aperto «a chi segue la retta coscienza». È Bibbia! Il «buon annuncio» angelico del Natale è per «gli uomini di buona volontà», e «tutto ciò che non viene dalla fedeltà alla coscienza è peccato» (san Paolo: Rom 14,23). Ed è anche teologia cattolica, da san Tommaso – «Se occorra obbedire alla Chiesa o alla coscienza», con risposta alla seconda – a Newman e al Concilio Vaticano II. Che la salvezza – cioè proprio il «cielo» – sia decisa non su formule da conoscere e ripetere – «Non chi dice "Signore! Signore!"» – ma sulla pratica della giustizia e dell'amore fattivo – Mt 25, e tanti altri testi sia del Primo che del Nuovo Testamento - dovrebbe essere chiaro. Per essere esclusi dal Cielo, cioè per essere in peccato – Catechismo, vero? – occorre «piena avvertenza e deliberato consenso». Se sembra "nuovo" ciò che non lo è, forse dipende anche dalla poca chiarezza di tanti uomini di Chiesa, nel passato, ma oggi dipende anche dalla scarsa conoscenza dell'abc della fede cristiana e cattolica di chi talora commenta in pagina. Domani su un altro equivoco – stavolta di Emanuele Severino ("Corsera" di ieri, p. 35) – per lo scambio Benedetto-Odifreddi: con rispetto, ovviamente, ma anche con franchezza.
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