giovedì 3 gennaio 2019
Emanuele Severino sul "Corsera" (31/12, p.31): «Nel '64 scrissi "Ritornare a Parmenide", libro dal quale appariva evidente non solo che il Cristianesimo poteva essere follia, ma che lo era certamente»! Qui in passato già 17 volte su questo eccesso di sicurezza: Vangelo fallito e Chiesa senza futuro. Lui si racconta «processato» al Sant'Offizio: lo accolsero con «tè e pasticcini» e gli tolsero la cattedra alla Cattolica. Riconosce: «Non potevano fare altro»! Leggo ancora che per lui la Chiesa è finita, penso a Parmenide, a Zenone e al discepolo critico che alla tesi che nulla si muove e cambia replicò con un... giro attorno. Che dire? Se l'intervista è fedele dice la persistenza di una fissazione, e così certi pensieri "sapienti" si tingono di qualche eccesso.
Un altro ieri ("Corriere Fiorentino", p.12): «No. Per noi Ebrei aiutare gli altri non è marginale». Giusta replica di Amedeo Spagnoletto, rabbino capo della Comunità ebraica di Firenze, all'affermazione per la quale «il buon ebreo fa anche l'elemosina, ma (questo, per lui) è un tema marginale». Spagnoletto ricorda come per realizzare la giustizia, in ebraico zedaqà, «l'assistenza ai più deboli» sia essenziale dovere. Il tema infatti è già centrale nel Primo Testamento: «Conoscere Dio è fare giustizia agli uomini» e senza «giustizia e diritto» ogni culto è falso e blasfemo. Così Geremia (22, 13 e ss.) ricorda l'ammonizione divina: «Guai a chi costruisce... senza giustizia, e... senza diritto... fa lavorare il suo prossimo per nulla... Tuo padre agiva secondo diritto e giustizia... Conoscere me non è forse proprio questo?». Di qui da sempre il rifiuto dei riti senza giustizia: «Detesto e odio le vostre feste... Scorra come torrente continuo la giustizia!» (Amos, 5, 21-24). E ancora: «Che mi importano tutti i vostri sacrifici...» (Isaia 1, 11-17). Gesù ripete e rafforza: «Lo avete fatto a me!». Un eccesso d'amore...
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