venerdì 29 maggio 2009
Emanuele Severino su Galileo ("Corsera", 27/5, p. 12: "La Chiesa lo comprese, ma non fu meno colpevole" di lui, "e il (suo) pentimento di oggi lascia intatte le responsabilità di ieri". Anzi, è un nuovo errore. Infatti egli affermando che "le proposizioni matematiche" sono "necessarie" e "quanto alla 'intensità' eguagliano lo stesso sapere di Dio" lasciava la scienza sconfinando in una filosofia che negava la fede, e perciò fu condannato. Chi aveva ragione? Per Severino aveva ragione il cardinale Bellarmino condannando Galileo per eresia contro la fede, dopo averlo perciò consigliato invano di presentare le sue idee non come scienza di pretesa verità assoluta, cioè contrapposta alla fede, ma come semplici "ipotesi". E per paradosso " scrive Severino " la Chiesa gli chiede perdono ora, quando l'evoluzione della scienza, dopo Einstein, mostra che tutte le proposizioni scientifiche "non sono necessarie, ma ipotetiche, probabili e falsificabili". Insomma: Bellarmino al suo tempo fu più intelligente dei tribunali ecclesiastici e più moderno della Chiesa di oggi, che quindi a Galileo chiede scusa di colpe non vere. Semplifico, forse, ma l'essenza pare questa e non mi convince: la richiesta di perdono resta valida, e deve valere come perenne lezione. Purché ovviamente non capiti, come ieri su "Libero" (p. 33), che per Nicola Cabibbo " illustre scienziato, forse malinteso " si dovrebbe riabilitare anche Giordano Bruno. Torture e rogo restano una vergogna, ma se il pensiero confuso e contraddittorio di Bruno, filosofo, teologo mago e alchimista è inconciliabile con la ragione, lo è anche con la fede.
© Riproduzione riservata
COMMENTA E CONDIVIDI