sabato 16 giugno 2012
L'articolo comparso su questo giornale giorni fa con la firma di Andrea Galli a commento del volume di padre Giovanni Cucci dal titolo Benedetto Croce e il problema del male, mi ha fatto cercare tra gli scritti di mio padre quale contatto ci fosse stato tra lui e il grande filosofo. E questo è ciò che ho trovato. In una lettera del 1932, in piena epoca fascista, De Gasperi scriveva a don Simone Weber, storico del trentino: «...ho scritto e tentato di stampare una polemica contro la Storia d'Europa del Croce che è un potente attacco contro la chiesa cattolica quale nemica della libertà. Ho cercato di pigliare il toro per le corna e dimostrare che nella storia del secolo XIX i cattolici furono favorevoli alla libertà politica... ma simili argomenti non si possono toccare nemmeno storicamente e l'articolo passerà all'archivio o al cestino». Benedetto Croce fu, durante il Ventennio, l'unica voce di libertà che il regime fascista non osò far tacere del tutto finché alla caduta della dittatura egli tornò per breve tempo all'attività politica e, alla Costituente, fu uno dei più stimati partecipanti della nuova Costituzione. Furono queste le occasioni di incontri con De Gasperi, seguite poi da veloci e pochi scritti del 1948, '49, '50 dove è chiara la stima e l'amicizia nata fra due uomini ben diversi per natura e per impegno, ma ugualmente amanti del destino della propria patria. A questo scopo rileggo e trascrivo alcune frasi delle loro lettere. Croce nell'agosto del 1948 aveva avuto un lieve incidente per una caduta quando mio padre gli invia un telegramma per avere notizie. Questa è la risposta di Croce: «Grazie del pensiero affettuoso... il male è che i reporters sempre avidi di notizie catastrofiche, non sazi delle tante e gravi che i tempi a loro offrono ogni giorno, anche questa volta hanno voluto recare inquietudine ai miei amici, e turbare anche te che, per il tuo ufficio, di inquietudini ne hai abbastanza! Grazie dunque e ti stringo la mano. Aff Croce». La lettera più importante di Croce a mio padre è certamente quella del dicembre 1949 già nota, ma che desidero trascrivere quasi completamente: «...io penso spesso a te, non politicamente, ma umanamente, e mi fo presente la vita che sei costretto a condurre e ti ammiro e ti compiango e ti difendo contro la gente di poca fantasia che non pensa alle difficoltà ed alle amarezze che è necessario sostenere ad un uomo responsabile di un alto ufficio per fare un po' di bene e per evitare un po' di male. Che Dio ti aiuti (perché anch'io credo, a modo mio, a Dio, a quel che a tutti è Giove come diceva Torquato Tasso) che Dio ti aiuti nella buona volontà di servire l'Italia e di proteggere la sorte pericolante della civiltà laica o non laica che sia..» «Illustre amico nessun conforto più generoso e più apprezzato del tuo; la tua lettera, la tua presenza mi sono di grande consolazione e mi danno sicurezza in questa ora di decisioni. Grazie e cordiali saluti De Gasperi». Era tempo di grandi difficoltà e di grandi uomini.
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