sabato 20 marzo 2004
Con la concordia le piccole cose crescono, con la discordia le più grandi si dissolvono. Non mi par vero, ma è uno studente liceale di Pozzuoli a propormi questa frase che ha tradotto dal famoso Bellum Iugurthinum di Sallustio, lo storico romano del I sec. a.C.. Credevo, infatti, che opere classiche di questo genere, cavallo di battaglia del Liceo della mia generazione, fossero ormai obsolete. La massima citata fu, per altro, una sorta di proverbio caro già nell'antichità, tant'è vero che la usarono pure Seneca e s. Girolamo. La lezione che essa ci offre è sempre necessaria e lo è in particolare nei nostri giorni così sguaiati e "gridati". Una variante dell'idea sallustiana è
quella dell'"unione che fa la forza". Il pensiero va anche in altre direzioni, come quella segnata da una favola di La Fontaine: un vecchio padre dimostra ai figli che un fascio di frecce non può essere spezzato, mentre ogni singola freccia non riesce a opporre resistenza. Un monito disatteso perché quei figli, appena il padre muore, si mettono ferocemente a litigare per l'eredità. Vorrei tuttavia, ricordare che la concordia non significa omologazione, uniformità. Gli stessi latini con Orazio avevano coniato una bella locuzione, a prima vista paradossale, quella della concordia discors, ossia un'armonia e un rispetto dell'altro pur nella differenza delle opinioni. Anche il duetto in musica può incrociare voci opposte tra loro come il soprano e il basso. Purtroppo spesso si preferisce al duetto il duello nel quale l'uno prevarica sull'altro, cercando di zittirlo e di liquidarlo. Ritroviamo, allora, l'arte del dialogo e del confronto, dell'incontro e della pacata discussione alla ricerca della verità.
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