venerdì 18 giugno 2004
Inostri dubbi sono come traditori: essi ci fanno spesso perdere quei beni che pur potremmo ottenere, soltanto perché non abbiamo il coraggio di tentare. Non avevo mai letto il dramma Misura per misura di Shakespeare, un'opera la cui composizione viene collocata in contemporanea col più celebre Otello
(1604-1605). In questi giorni, durante qualche intervallo tra un impegno e l'altro, l'ho seguita in tutto il suo svolgersi e mi sono, così, imbattuto nella battuta sopra citata pronunziata da Lucio, uno dei protagonisti (Atto I, scena IV). Si parla, dunque, del dubbio e lo si sferza per uno dei rischi che esso genera, quello dell'incertezza, dell'esitazione, dell'inerzia. Credo che tutti nella vita abbiano incontrato persone strutturalmente dubbiose: forse sono anche ricche di doti e di capacità, ma la morsa del dubbio, della pavidità, del sospetto le rende irrimediabilmente bloccate e sterili. Non conosceranno mai un amore coraggioso e sereno, non compiranno mai azioni importanti, non avranno mai il gusto del rischio della fede e lo stupore della scoperta. L'illusione di stare nella quiete le condurrà, in realtà, al grigiore e persino alla paura. Ci permettiamo, però, di aggiungere a questa notazione, suggerita da Shakespeare - certamente da meditare perché qualche seme di dubbio impotente alligna in ognuno di noi - una considerazione opposta. Sì, vorremmo fare anche l'elogio di un certo dubitare che rende meno arroganti, sicuri di sé e sbrigativi. «Chi più sa, più dubita», diceva papa Pio II, grande umanista. La vita è, infatti, delicata e complessa e non la si deve affrontare sempre a colpi di machete. Ci sono, perciò, due tipi di errori: dubitare di tutto e non dubitare di niente!
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