mercoledì 19 aprile 2017
L'origine degli alimenti ha segnato un nuovo punto con l'entrata in vigore, oggi, della carta di identità del latte e di tutto ciò che ne deriva. Ora si è in attesa di una decisione analoga per il riso. I ministri per le Politiche Agricole e per lo Sviluppo Economico hanno pronto un decreto per identificare l'origine del riso nel pacchetto. Anche perché negli ultimi tempi, mentre sugli scaffali i prezzi sono fermi, nelle tasche dei coltivatori italiani si sono dimezzati gli introiti, tanto che un caffè, oggi, si comprerebbe con tre chili di risone. C'è di più: a far calare il prezzo è l'occasione di import a dazio zero proveniente da Cambogia ed ex Birmania. E quel riso, si domanda Coldiretti, come viene coltivato e raccolto? Pare che l'utilizzo intensivo di pesticidi vietati nella Ue sia all'ordine del giorno così come lo sfruttamento del lavoro minorile. Detto questo vien da chiedersi: può un consumatore attento, uno di quelli che ha imparato la parola "sostenibilità", scegliere senza essere ingannato? Sembrerebbe lapalissiana la risposta, ma i distinguo dopo la presa di posizione dei ministri sono quantomai sospetti. Chi spaccia per italiano il riso che viene da altre parti? Qualcuno c'è, in verità, se siamo finiti in questa situazione. Ma costoro dovrebbero riflettere che ciò che è accaduto nel mondo del vino sta avvenendo anche nel riso, coi ristoranti che hanno in carta il nome dei produttori accanto al risotto (purtroppo ancora solo per 2 persone). Un elemento di qualità certa, che si accompagna alle scelte di tanti giovani produttori di riso di arrivare a scoprire antiche varietà. In questi ultimi anni ne abbiamo conosciuti tanti e il loro racconto arriva fino all'indicazione di come cucinare un piatto con una data varietà. Ora se la ristorazione, di fatto, sostiene questa spinta qualitativa e distintiva, molto di più potrebbe fare la grande distribuzione, mentre le boutique del gusto, che sono una ramificazione di punti vendita di prodotti di qualità, stanno dando soddisfazione a questi produttori. Sono nati anche i sommelier del riso, che analizzano e valutano le differenze e AcquaVerdeRiso è il progetto che ogni anno sforna questi esperti, che imparano il "metodo Gramegna". C'è dunque un mondo produttivo nel settore risicolo che va a due velocità. La prima è quella di sempre, che prosegue imperterrita sulla politica della quantità e sulla furbizia mescolando partite di non chiara origine. La seconda ha scelto di attaccarsi all'affermazione dell'enogastronomia italiana nel mondo, che presenta il risotto come sublimazione del piatto tipico italiano. Chi vincerà la battaglia? Dipende dove stanno i consumatori, molti dei quali sono arrivati a un punto di non ritorno. E la tracciabilità l'hanno già applicata. Vogliamo assecondarli?
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