giovedì 8 marzo 2012
Sabato su "L'Unità" (pp. 16/17: "Né montiani, né socialdemocratici") Antonello Giacomelli sui «riferimenti ideali e culturali» dell'azione politica, scriveva che per l'attuale centrosinistra «la dottrina sociale della Chiesa deve essere il riferimento più forte». Sempre lì (p. 25) martedì Andrea Barducci ricordava che quel riferimento non può essere esclusivo e che il centrosinistra deve «unire, in nome della solidarietà, il meglio della cultura cattolica e laico socialista», ma ieri "Riformista" (p. 1) Emanuele Macaluso protestava su quel "più forte" letto nel pezzo di Giacomelli e sulla tesi che per il Pd, cosa «nuova» non può valere «un contenuto vecchio e inadeguato» come «la cultura socialista e socialdemocratica». Indignato, Macaluso: «Quindi la cultura della Chiesa è fresca, giovane e adeguata al Pd, quella socialista vecchia e inadeguata. Che dire?» Già: che dire? È da sempre noto che Macaluso non è mai stato d'accordo, fin dai tempi di Berlinguer, con l'esigenza di riferirsi al meglio del cattolicesimo democratico, ma la realtà del mondo, da allora a oggi, dice proprio che il quadro dei valori della dottrina sociale della Chiesa – dalla Pacem in Terris (1963) passando per Paolo VI, Giovanni Paolo II, Benedetto XVI e tanto pensiero di cattolici in materia sociale – regge benissimo di fronte alle crisi attuali, mentre le varie forme di socialismo e socialdemocrazia sono in crisi ovunque. È dura, ma è così. Ieri sul "Fatto" (p. 7) leggo: "Il Riformista a rischio di chiusura". Spiace sempre che una voce rischi di spegnersi, ma certamente su certe illusioni non si costruisce il futuro, e neppure il presente…
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