giovedì 26 febbraio 2015
La chiamavano Santa Maritana, nella Lombardia di un secolo fa. Non era difficile, all’inizio della quaresima, incontrarla per le strade e la contrade. Era una bambina, di solito, a impersonarla, mentre un altro bambino interpretava Gesù, entrambe ingaggiavano un dialogo davanti alle porte di casa, nei cortili, e la gente correva a guardare questa sorta di Vangelo vivo, rieditato dai piccoli per far meditare i grandi. Nessuno si è mai scandalizzato per la storpiatura del nome, tanto il popolo l'aveva già canonizzata da un pezzo, quella samaritana giovannea che lasciati anfora e mariti si era messa ad annunciare a tutti il Salvatore. Oggi conosciamo tutto di quella donna di Samaria, ma ci siamo dimenticati il Vangelo che ella annuncia: la gloria di un Dio Trino che vuole entrare in relazione con l'uomo e lo salva dentro un miracolo di grazia e di comunione. La Santa Maritana, finita la sua diatriba con Gesù, riscuoteva da tutti i presenti un piccolo obolo: erano gli ultimi dolciumi, residuo di un carnevale appena passato, o qualche spicciolo per rifare il tetto della chiesa. Così, preghiera, elemosina e penitenza, i capisaldi della quaresima, si vivevano in diretta, guidati dai bambini. Oggi l'individualismo ci ha bloccato dentro le nostre villette a schiera dagli ingressi nascosti, dentro gli interminabili piani di palazzi dalle porte anonime, di modo che nessun Vangelo in scena turbi le coscienze. Un dipinto di un pittore tedesco, scomparso di recente, ci racconta bene l’esperienza di questa Samaritana post contemporanea. Il sole è allo zenit, per i Vangelo, come per Sieger Köder. Il sole è allo zenit ma la donna è dentro il suo nadir rappresentato da un pozzo senza fine. Proprio da questo pozzo, cioè dalla solitudine di questa donna che per la vergogna attinge acqua a mezzodì così da incontrare nessuno, Köder ci racconta la scena. Da dentro il pozzo vediamo, in alto, la samaritana, avvenente, con l’abito rosso scarlatto e i capelli sciolti, simboli di sensualità. Grazie al dialogo con Cristo, il quale però non si vede, decide di guardare nel suo nadir, dentro al pozzo dell'inconscio dove talora a ci sprofonda senza rimedio la moderna psicologia. La donna di Samaria guarda lì ed ecco che, con intuito sorprendente, Köder ci fa vedere nell’acqua del pozzo non solo il riflesso della donna, ma anche quello Cristo. Eccolo lì, stampato nell’inconscio, il volto misericordioso del Salvatore che, a differenza di Freud, mentre ci fa vedere i nostri peccati ci rende l'abbraccio della sua compagnia, riscattandoci dall’individualismo che debilita e uccide.
Non lo può vedere, invece, Cristo, ne pare sentirne l’abbraccio, la Samaritana dipinta da Julio Romeo Torres, pittore spagnolo morto nel 1930. Il realismo di Torres consegna la samaritana alla sua anfora. Egli la coglie prima della resa, ancora tenacemente attaccata al suo pensiero e alle sue abitudini mondane. Gesù le sta vicinissimo anzi, la invita quasi abbracciandola a una verità che sta più in alto, ma lei non pare desiderosa di capire. La Samaritana spagnola né guarda nel pozzo della sua miseria, né si lascia provocare dall’invito a guardare più in alto. Rimane lì con gli occhi fissi su di noi, forse un poco accusandoci di essere simili alla generazione di Cristo: «vi hanno suonato il flauto e non avete ballato, vi hanno cantato un lamento e non avete pianto». Sì, la donna di Torres ci somiglia di più, un po’ di più della samaritana di Köder. Forse dobbiamo deciderci a guardare nel profondo della nostra oscurità per ritrovare la luce che permetta di mirare più in alto e riprendere consapevolezza di ciò che siamo e di sia Colui che ci ha generato.
Immagini: Sieger Koder, Die frau am Jakobsbrunnen (La donna al pozzo di Giacobbe) olio su tela, 2001, Museo Ellwange Bild und Bibel
Julio Romero de Torres (1874-1930) La Samaritana olio su tela Cordoba
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