giovedì 6 maggio 2004
L'esercizio fisico, quando è imposto, non fa nessun male al corpo; ma la conoscenza acquisita per forza non ha presa sulla mente. Svogliatamente un ragazzo sfoglia le pagine di un libro, mentre siede di fianco a me sulla metropolitana. E' uno studente di liceo perché di sottecchi vedo che il testo è quello di un dialogo di Platone. Intuendo la sottile noia con cui fa quell'ultimo ripasso prima di entrare in scuola, mi lascio prendere da un ricordo e cito a memoria la frase, che sopra ho proposto, della Repubblica di Platone. La considerazione è semplice. L'attività sportiva, anche se imposta e anche se condotta con fatica forzata, dà un risultato, rinvigorendo membra, muscoli e organismo. Ben diverso è quello che accade con lo studio coatto, senza partecipazione e convinzione: quello che viene stampato nella mente per obbligo, viene ben presto volatilizzato e non lascia impronta. Detto in altri termini, senza amore e passione è difficile fare qualcosa di importante nella vita. E' una legge che vale per ogni compito o impegno. E' come se mancasse il lievito o il sale: tutto rimane amorfo e scipito. Ci si trascina avanti e si compiono anche delle cose ma esse sono spente e scontate e si attende solo che tutto finisca. Per questo è indispensabile che almeno in una scelta o in un'azione ci sia un filo di desiderio e di adesione, di convinzione e di entusiasmo. Altrimenti si va avanti giorno dopo giorno come macchine o automi che hanno un'unica meta: l'inerzia finale, quell'inattività che è già morte.
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