sabato 4 gennaio 2014
Sono giorni strani questi, c'è ancora vacanza nell'aria, ma già si sente il rumore del ritorno alla vita normale che ci rincorre e allora si vorrebbe restare con gli occhi chiusi per non vedere la realtà che arriva veloce. «Non ho voglia di tuffarmi in un gomitolo di strade», diceva Ungaretti, «ho tanta stanchezza sulle spalle, lasciatemi così come una cosa posata in un angolo e dimenticata. Qui non si sente altro che il caldo buono. Sto con le quattro capriole di fumo del focolare». Ed è proprio la sensazione che ci prende ancora al mattino quando indugiamo fra le lenzuola sappiamo che fra tre giorni dovremo ritornare a scuola, in ufficio, al lavoro e non vorremmo che questo tempo, caldo e buono, avesse fine. I giornali, le riviste, la televisione ci hanno ingannato per qualche giorno regalandoci canzoni, foto e, quasi alla ricerca di cose positive nel mondo, ci hanno offerto storie di bontà e di altruismo. Ma i fuochi di capodanno, visti dalla terrazza nel mezzo di una città, così pieni di luci forti e chiassose, più che un simbolo di gioia sembravano una rivolta alla tristezza di un anno difficile passato e un grido forte per spingere lontano la paura di un futuro carico di incertezze e di sacrifici. Poi, quando ritornò il silenzio, sembrò che il buio fosse tanto profondo a chi già rientrava a casa, che solo i pensieri sembravano riconoscere la strada. L'ultimo bicchiere ci aveva regalato il sonno, ma al mattino la realtà mi venne incontro con il viso pallido di un giovane che apriva la mano in un gesto di aiuto: per favore ho fame, diceva ai passanti che avevano fretta. Vieni con me andiamo a prendere una colazione. Gli occhi parlavano più delle parole e seppi che era un muratore di 26 anni, senza lavoro, con due figli piccoli ai quali oggi non sapeva cosa dare da mangiare e si vergognava di chiedere la carità in un quartiere ancora ricco, ma dove ad ogni angolo qualcuno stendeva la mano mormorando la propria povertà. Sulla piazza i cassonetti rigettavano cartoni e sacchi ancora pieni di cibo non consumato. Quanta sofferenza, ci vorrà ancora prima di imparare che il risparmio non è un castigo, ma una virtù, che riciclare è coraggio, che trattare con rispetto chi chiede aiuto è fare un regalo a se stessi. È come allungare i giorni di Natale quando ci siamo ricordati che l'amore ha mille strade, mille sguardi da capire, mille domande cui rispondere. Anche se crediamo di essere colpiti da nuovi provvedimenti economici che giudichiamo ingiusti cerchiamo di ricordare che facciamo parte di un'unica umanità che in qualche modo deve camminare assieme. È necessario guardare al di là di questo futuro prossimo che ci appare senza luce e soprattutto insegnare ai giovani ad allungare il passo perché loro vedranno un'epoca migliore.
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