giovedì 30 luglio 2020
Non pensavo di rivederlo dopo la primavera che ha stravolto la nostra vita. Di rivederlo uguale a prima, intendo. Invece il suono della trombetta che porta attaccata alla cintura e che precede di qualche secondo il suo arrivo mi ha confermato che certe cose possono non cambiare mai. Lo vedevo passare anche quando ero bambino quel signore che vendeva pezzi di noci di cocco, e nel frattempo è diventato vecchio. Sempre lui, lo stesso ometto con la pelle color cuoio, il cappello di paglia e il grembiule corto. Cocco, cocco fresco. Forse anche la pinza con cui te lo porge è la stessa di sempre. Sessantaquattro anni sulla spiaggia di Alassio avanti e indietro, mi racconta adesso che ne ha 75 e io per la prima volta ho avuto il coraggio di chiedergli qualcosa di diverso da quel pezzo di frutto bianco e duro. Lo dice con accento siciliano-ligure, perché certi uomini sono così, assomigliano al cappuccino che quando mischi latte e caffè poi non li separi più. Anche lui dal suo piatto pieno di ghiaccio e cocco non si è mai diviso. E nemmeno dalla mia storia di sabbia e mare d'estate. Ora che ci penso, non so come si chiama, e nemmeno glielo ho chiesto. Da bambino per noi era "Cocchino", come il grido che lanciava per annunciarsi e farci ridere. Una vita fa, e oggi ancora. Una certezza, almeno una, che per fortuna rimane.
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