giovedì 2 aprile 2015
«Appena il Papa esce per la città, viene subito circondato (…) e la scorta non lo abbandona che alle soglie del Vaticano (…) Non credo che, anche davanti all'altare, si possano vedere dei volti più accesi di fede e d'amore. Ultimamente abbiamo trovato un gruppo (…) in una via che il Santo Padre doveva attraversare. Erano disposti in due file, con dei mazzi di fiori in mano. A vederli là, come fanciulli (…) così commossi (…) le lacrime ci vennero agli occhi, e (lui, il Papa) allorché passò lì e li vide (…) fece come noi: pianse». La pagina vivace descrive un incontro. Chi l'ha scritta? Uno dei soliti “vaticanologi” facili all'entusiasmo da un paio di anni? No. E il fatto è di questi ultimi tempi? No. L'autore non è un giornalista che frequenta la Sala Stampa vaticana, e la scena non riguarda le cronache di oggi. Vero che ci sono le lacrime… Vero che Francesco talvolta le ha invocate ed elogiate, come quelle della piccola Yun che a Manila piange abbracciandolo stretta… Ma non ci siamo. Forse l'«odore delle pecore», talora anche a dispetto dei tempi, è sempre lo stesso, e anche quello dei pastori, pure quelli meno supposti come pronti a commozione…E allora? Allora si tratta di cose antiche. Il testo, saltato fuori da una cassa nel trasloco recente, è un brano de “Il profumo di Roma” (Ed. Ave, 1947, p. 131) di Louis Veuillot (1813-1883), risale al 1861 e forse può servire a capire qualcosa di più della realtà della Chiesa di Roma e dei Successori di Pietro: tante vicende storiche, anche piene di peccati degli uomini, nessuno escluso, in cui tuttavia al fondo di tutto c'è quel “profumo” che anche oggi sentono in tanti “da dentro”, e anche “da fuori”. Dopo quel doppio «Tu seguimi!» (Gv. 21, 19 e 22) così legato – si sa – a «Miserando atque eligendo», è storia di una Chiesa «in uscita».
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