sabato 5 ottobre 2019
La stanchezza del giorno, il ripetersi delle azioni, la mancanza di novità che riguardano il ritmo della nostra vita di ogni giorno a volte ci spingono a non vedere ciò che avviene accanto a noi, quasi niente fosse da condividere e da conoscere. Da una parte c'è un tipo di educazione, che si potrebbe chiamare antica, che ci impegna a non essere inutilmente curiosi delle novità che riguardano «gli altri» e dall'altra il ritirarsi davanti ai problemi che forse andrebbero risolti con il nostro aiuto che non offriamo per non esserne coinvolti. Confondere la propria pace con il non sentire la richiesta silenziosa di aiuto che spesso viene dall'incontro giornaliero di conoscenti, di gente che lavora sullo stesso tavolo, che abita sulla medesima scala fa parte di un egoismo antico e spesso confuso con un falso rispetto della vita altrui. Non sono coloro che ti vengono incontro per la strada a chiedere con le mani aperte il tuo denaro i veri poveri, ma chi ti guarda senza parlare, chi abita vicino a te e non racconta il proprio dolore, chi veste elegante per nascondere la disperazione del proprio animo che non sa come affrontare l'ultimo dolore sofferto. È povero chi non sa condividere la propria solitudine, chi vorrebbe una semplice amicizia e non osa cercarla né offrirla, chi ha come amico il silenzio della propria stanza e non è abituato a riempirla con una lettura, ma alimenta il proprio spirito con le ripetitive storia della nostra tv. Ed anche qui bisognerebbe imparare a cercare indietro nel tempo la tCrasmissione di lezioni dimenticate con gli anni, di cose mai studiate perché non si aveva tempo, ma che ora possono allargare la mente a nuovi interessi e fanno scoprire che non siamo mai soli nel mondo. Egoismo a volte non è solo pensare a se stessi e dimenticare il mondo degli altri che ci vive vicino. È anche avvicinare poveri o meno ricchi di spirito senza quel rispetto dell'uguaglianza dell'animo umano che ci dovrebbe arricchire giorno dopo giorno. Chi sa ascoltare impara a vivere e chi racconta scopre di avere vicino un amico. Il silenzio sulle proprie pene impoverisce l'animo, e mentre si crede di essere forti si diventa invece egoisti nascondendoci dietro il muro del silenzio. Allora confondiamo quello che crediamo capacità di sofferenza con l'egoismo di non saper chiedere, raccontare, anche piangere assieme piuttosto che da soli. E qui dovremmo guardare ai giovani che sanno ridere e piangere sempre in compagnia, perché la suddivisione della gioia e del dolore rende più umani e più fratelli. Il silenzio sulla nostra vita è sembrato forse nel tempo serietà dello spirito e rispetto altrui. Ma le notizie del nostro mondo oggi ci pongono ogni momento domande che hanno bisogno di confronto, di scambio di pensiero, di lavoro comune. La nostra terra che spesso trattiamo male, ci chiede ancora di amarla, di accudirla come una figlia, come una madre.
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