domenica 22 giugno 2008
Credo che molti abbiano sofferto per il titolo («Amo Gesù più di Dio») e per qualche contenuto del racconto che Ermanno Olmi ha fatto (Corriere della sera, venerdì 20) della sua sincera e tormentata ricerca della pienezza della sua fede. Per esempio i suoi problemi sui dogmi (la verginità di Maria, in primo luogo) fondati sul fatto che «Gesù era rabbino eppure ha buttato all'aria tutti i dogmi della religione di cui era "maestro"». Non tutti, in realtà, ma molti certamente sì. Anche Gesù, però, ha proclamato i suoi "dogmi": per esempio quello dell'amore del prossimo, quello del perdono, dell'altra guancia, dell'essere il Figlio di Dio e, soprattutto, quello di essere lui stesso "la Via, la Verità e la Vita". Quanto alla verginità di sua Madre, temo, da quel che scrive, che Olmi si sia fermato ai suoi aspetti naturali e fisici dimenticando quello " certo il principale " della verginità intesa come amore, dedizione, sottomissione e fedeltà totale e assoluta a Dio. Ha fatto bene, invece, a chi ha letto, nella confessione di Olmi, quel suo «Gesù è libertà», che corrisponde, infatti, al suo principale "dogma". In fondo, il Vangelo è il primo dogma della fede.

FILOSOFICO, MA MITO
Sull'ultimo suo libro " "Immortalità e destino" " Armando Torno intervista (Corriere della sera, mercoledì 18) il filosofo Emanuele Severino, che risponde: «Gli uomini sono avvolti da una "veglia assoluta"» (un "destino", nel suo linguaggio) a cose che essi non sperano né suppongono [...] Nel destino appare che ogni essente è se stesso e non diventa altro da sé, e dunque è eterno». Torno gli chiede se l'immortalità del titolo sia correlata a quanto il senso comune pensa della nostra fine. Risposta: «Nel suo significato essenziale la morte è il divenir altro, ossia è l' impossibile; e da sempre i mortali hanno tentato di vincere la morte diventando altro da ciò che essi sono [...] Hanno tentato di vincere la morte con la morte [...] Gli uomini sono attesi «da cose che sono infinitamente "di più" di ciò [...] verso cui vuole condurre la stessa speranza cristiana, e dunque "di più" di ogni "immortalità" e di ogni "resurrezione della carne" [...] da cose che sono infinitamente "di più" di ciò verso cui vuole condurre la stessa speranza cristiana, e dunque "di più" di ogni "immortalità" e di ogni "resurrezione della carne"». Conclusione: «Siamo destinati a qualcosa che è infinitamente "di più" di tutto quanto il più insaziabile dei desideri può volere». Se questo significasse Dio, andrebbe quasi bene e (a modo suo) concilierebbe persino fede e ragione. Altrimenti resta una sorta di mito, sia pure filosofico.

L'IMPUTATO CERVELLO
Sul Sole 24 Ore (domenica 15) Guido Ceronetti si arrabbia con i «quaranta capi di Stato» che hanno sprecato il vertice Fao sulla fame e accusa «l'imputato spermatozoo». «La fame " scrive " ha nome bocche in soprannumero su un pianeta esausto» e definisce «teorico vittorioso» il «grande Thomas Malthus, l'aborrito dai cattolici e dai marxisti, dai keynesiani e da ogni varietà di orbi». Peccato che, subito dopo, proprio Ceronetti inciampi in una crisi di orbità, smentendosi clamorosamente: «Oggi la spettralità delle bocche di fame è fatta
dall'enormità degli sprechi e delle derrate contaminate, dalla quantità di cereali deviata dall'alimentazione umana verso l'allevamento superfluo degli sventurati bovini, dalla trasformazione dei cereali in energia surrogatrice del petrolio e del nucleare... ». Invece dello spermatozoo, non sarà allora il caso di imputare di affamamento di massa il cervello " e, magari, anche il cuore " degli uomini?
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