sabato 30 settembre 2017
Saranno solo poche bottiglie, forse duecento. Ma ognuna di esse conterrà il senso profondo di una scommessa sul futuro. Succede spesso così con i vini, ma nel caso di Modibò, il vino che sta nascendo a Villa Quaglina ad Asti, ancora di più. Modibò, da cui il vino prende il nome, era un giovanissimo profugo del Mali arrivato in Italia con uno dei tanti barconi dalla Libia. Con altri aveva avviato il progetto per riqualificare la storica vigna della tenuta degli Oblati di San Giuseppe nella Valle del Tanaro: uve Barbera, terrazzamenti esposti a sud. La vigna era abbandonata e compromessa dalla flavescenza. A marzo 2016, sotto la supervisione di due enologi esperti (Massimo Guaita e Domenico Pungitore), i rifugiati si sono messi al lavoro potando le piante salvabili, rimuovendo quelle ormai morte e impiantando 350 barbatelle di Syrah che adesso stanno crescendo. Qualche giorno fa la prima vendemmia.
In questi mesi la richiesta di Modibò per ottenere lo stato di rifugiato è stata respinta e lui, ormai irregolare, ha dovuto lasciare la comunità astigiana. «Speriamo con questa vigna "didattica" di avergli dato competenze – dice Alberto Mossino, del Piam (Progetto integrazione accoglienza migranti) di Asti – e che Modibò possa metterle a frutto, magari nel Paese che sognava: la Francia». Altri giovani hanno preso il posto di Modibò e si sono messi alla prova con la vigna di Villa Quaglina. A maggio sono stati piantati anche due filari di uva da tavola per motivare i lavoratori che non possono bere vino.
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