giovedì 4 ottobre 2012
Forse una bicicletta ci salverà. Mentre i ciclisti di professione fanno i loro giri intorno al mondo, un ciclista per passione, Daniele Scaglione, suggerisce che le biciclette potrebbero rigirarlo, il mondo. Nei racconti di un suo libro, intitolato appunto La bicicletta che salverà il mondo, si danno la mano sulle due ruote una venditrice di pesce indiana, un piccolo produttore di caffè in Guatemala, il guidatore di una bici-ambulanza nel Burkina Faso, un coltivatore di cipolle etiope e suo fratello migrante clandestino nella Milano dei cantieri dell'Expo. I racconti sono "tirati" da una volata sotto le terme di Caracalla, con l'apparizione del palazzo della Fao. Già, bicicletta e cibo (o fame) nei paesi poveri sono intrecciati. Francesco Moser, indimenticabile campione, ricorda di aver realizzato - era il 1984 - il record dell'ora nel tribolato Messico con una bici che sembrava l'ultima frontiera della tecnologia: solo sette chili e mezzo. Oggi ci sono biciclette che di chili ne pesano sei. «E nello stesso arco di tempo» commenta Moser «non siamo stati capaci di cancellare la fame dalla faccia della terra». No, forse una bicicletta non ci salverà. Ma dalla comunità delle due ruote possiamo magari imparare a guardare il mondo, senza frontiere e senza classi, e a percorrerne meglio le strade.
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