mercoledì 6 maggio 2020
Il Papa emerito Benedetto XVI ha ostinatamente insistito sui pericoli del relativismo contemporaneo. Il relativismo storico, in filosofia, lo si fa risalire, solitamente, a Protagora, con il suo celeberrimo “L'uomo è la misura di tutte le cose” che, estrapolato dal suo contesto e attraverso una serie di vicissitudini culturali e linguistiche che hanno attraversato i secoli, è diventato anche una sorta di motto del Rinascimento. Pure, già Aristotele avvisava che, essendo per ogni individuo e secondo i suoi sensi differente il mondo, si danno mondi infiniti, senza che si possa più determinare cosa sia giusto o sbagliato, cosa sia o cosa non sia. Si crea allora una frattura insanabile tra l'uomo e l'Uomo. Graficamente, la differenza la fa una lettera iniziale, maiuscola o minuscola. Ma quella minuscola ci pone di fronte alla tragedia di una compresenza di falsificante onnipotenza e lo scacco della propria limitatezza. Le parole del Santo Padre emerito giungono come ammonimento a ogni individuo a “non perdere la bussola” ovvero a non orientarsi secondo una bussola privata che perde così di qualunque senso che non sia drammaticamente autoreferenziale e infine traditore. Tornando a Aristotele, “L'uomo è un animale sociale” è il culto dell'io esasperato porta a una sorta di disorientamento permaloso e tronfio che esclude l'Altro ma al contempo anche sé stesso.
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