sabato 7 aprile 2012
Ricevo via email da persona stimata e dedita al prossimo l'augurio pasquale a «Vivere la vita cercando il bene», formula attribuita a Vito Mancuso. Ottimo, ma generico. Su "Repubblica" (30/3, p. 45: "La teologia della libertà") elogio di Roberto Esposito per il nuovo libro di Mancuso sulla «necessità del confronto all'interno della Chiesa». D'accordo, ma anche qui molto generico. Sempre lì ieri (p. 46: "La religione di Olmi attraverso un film") la prefazione di Mancuso all'edizione dello sceneggiato dell'ultimo film di Olmi, "Il villaggio di cartone". Egli afferma che «da almeno due secoli stiamo attraversando un doloroso passaggio epocale… Dio non è morto, ma o noi cristiani cambiamo il corso impresso alla storia o sarà la storia a cambiare noi». Va bene, ma allora? Mancuso propone «la conversione di tutte le religioni… Si tratta di porre un nuovo fondamento spirituale», non più «dottrinale» – quello del Catechismo – ma «pragmatico», l'amore del prossimo. Perciò la religiosità del film inizia con l'eliminazione del Crocifisso visibile e offre «la carità dei tanti villaggi di cartone». Dal «primato dell'ortodossia», la giusta fede «a quello dell'ortoprassi», amore che accoglie. Non giusta fede, ma giusta carità! Ma misurate con quale metro? Per Mancuso è… «la figura del Cristo… l'assoluto di cui vivere». Elementare? Sì, ma così ritorna quel Crocifisso prima rimosso. Inoltre: sicuro che il primato della carità sia scoperta moderna? Leggi Matteo 25 – «Avevo fame, sete, ero forestiero e voi…», con quel che segue. E san Giovanni della Croce insegna che «alla sera della vita saremo giudicati sull'amore»! Ma per vivere la carità non occorre affatto stravolgere o negare la fede. Talora chi crede di sfondare una porta, non sa che è aperta da secoli. Buona Pasqua!
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