martedì 6 agosto 2002
OCristo glorioso/ la cui fronte è di neve, gli occhi di fuoco,/ i piedi più scintillanti dell'oro in fusione./ Tu, le cui mani imprigionano le stelle; tu sei il primo e l'ultimo,/ il vivente, il morto e il risorto;/ tu che raccogli nella tua esuberante unità/ tutte le forze, tutti gli stati;/ sei colui che il mio essere invocava/ con un'aspirazione vasta quanto l'universo./ Tu sei veramente il mio Signore e il mio Dio!/ Racchiudimi in te, Signore!/ Sino al centro del tuo cuore, attraimi!Era il 6 agosto 1923, festa della Trasfigurazione di Cristo. Uno scienziato, il gesuita francese Pierre Teilhard de Chardin (1881-1955), si trovava per uno scavo sull'altopiano desertico e desolato di Ordos, nella Mongolia cinese. Desiderava ardentemente celebrare la Messa ma non aveva con sé né pane né vino. Ecco, allora, la sua Messa sul mondo, una specie di inno cosmico dal quale abbiamo tratto alcuni versi. «Tutti noi siamo irrevocabilmente immersi» in Dio; anche la materia non cade fuori dalle mani del Creatore.Alludendo alla raffigurazione del Cristo dell'Apocalisse, Teilhard de Chardin sente che l'essere non è come un caos confuso o un mosaico disperso, bensì una totalità tesa verso un centro. L'uomo ne è consapevole e per questo chiede a Cristo di attrarlo a sé, coinvolgendo anche tutta la creazione che, come scriveva Paolo, «attende con impazienza" e nutre speranza di essere lei pure liberata dalla schiavitù della corruzione, per entrare nella libertà della gloria dei figli di Dio» (Romani 8, 19-21). Che ci sia oggi, per tutti noi, un'oasi di contemplazione e di silenzio nel deserto del tempo.
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