Agricoltura al bivio fra bio e tech
sabato 11 ottobre 2003
Ha ancora ragione d'esistere l'agricoltura? E se così è, deve esistere il lavoro dei campi tradizionale, oppure quello supertecnologico e biotecnologico? Si tratta di domande che in questo periodo - in particolare dopo lo scivolone di Cancun - quella che si chiama comunità agricola internazionale si pone sempre più spesso. Insomma, in ballo non ci sono solo circa 547 miliardi di dollari all'anno, ma pure un modo di vita tutto particolare, tradizioni secolari: in una parola una cultura che a molti sembra essere preziosa e da conservare. Ha detto bene, a questo proposito, Giovanni Sartori - nel corso di un incontro organizzato da Confagricoltura nei giorni scorsi proprio su questi temi - affermando che «se perdiamo l'agricoltore perdiamo la terra». Il problema è capire come fare per salvare i campi , i bilanci degli Stati e la libertà di commercio. Da questo punto di vista basta qualche dato per capire le forze in gioco a livello mondiale. Gli Usa - secondo quanto diffuso proprio da Confagricoltura nel corso dell'incontro - sono il maggior Paese esportatore di prodotti agricoli a livello mondiale con 70 miliardi di dollari di valore. Segue a ruota l'Unione Europea, che però è di gran lunga il primo importatore di prodotti agricoli, con quasi 80 miliardi di dollari di importazioni. Oltre a ciò, la bilancia commerciale dell'Unione Europea è in largo deficit (-22 miliardi di dollari) mentre quella degli Usa e di quasi tutti i principali Paesi esportatori è in attivo. è probabilmente per questa situazione di fatto che da una parte gli Usa premono per una liberalizzazione degli scambi (che li vedrebbe ancora più in una posizione di forza), mentre l'Ue si arrocca su posizioni di difesa della propria politica agricola oltre che delle peculiarità dei propri prodotti. Pur se - come ha sottolineato Augusto Bocchini, al vertice di Confagricoltura - già oggi, l'Europa non è per nulla una inespugnabile fortezza agricola: quasi la metà (il 48,2%) degli ortofrutticoli ed il 72% dello zucchero importati in Europa gode di un trattamento preferenziale. E, più in generale, quasi l'80% delle importazioni agricole europee proviene da Paesi con accordi preferenziali. Ma c'è anche dell'altro. Come, per esempio, l'esigenza di conciliare la presenza contemporanea sui mercati mondiali, di due agricolture - quella Usa e quella Ue - completamente diverse fra di loro. Anche se i risultati economici a cui arrivano sono pressoché: circa 190 miliardi di dollari. Diversa, però, l'origine. Da una parte oltre 400 milioni di ettari con poco più di due milioni di aziende; dall'altra poco più di 130 milioni di ettari con 7 milioni di imprese. Poi, c'è il resto del mondo: Paesi in via di Sviluppo alle prese con le tecnologie e mercati sempre più difficili da affrontare, oppure aree, come il Giappone, che possono essere forti ma difficili di clienti. è dal risultato di questo insieme di condizioni che si potrà capire quale sarà il futuro dell'agricoltura.
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