venerdì 18 febbraio 2011
Per aver successo bisogna aggiungere acqua al proprio vino, finché non c'è più vino.

Quelli della mia generazione ricordano certamente una lettura strappalacrime della loro adolescenza: era quel Pel di carota che narrava l'infanzia infelice e umiliata di un ragazzo, il piccolo Lepic, soprannominato appunto «Pel di carota» per il colore dei suoi capelli, ignorato dalla madre, maltrattato dai fratelli, dimenticato dal padre distratto. Solo quando tenterà il suicidio, il ragazzo ritroverà l'affetto paterno. Ora, a scrivere quel romanzo era stato nel 1900 il francese Jules Renard che ci ha lasciato anche un Diario postumo, pieno di notazioni psicologiche. È qui che ho attinto la citazione odierna che ha per tema il successo, una realtà a cui un po' tutti sacrifichiamo grani d'incenso.
Vorrei commentare questa battuta sul sostanziale bluff che s'annida sotto il manto dorato di molti trionfi con le parole di un altro scrittore più vicino a noi, Luciano Bianciardi, vissuto e morto a Milano nel 1971: «Il metodo del successo consiste in larga misura nel sollevamento della polvere». Siamo sinceri: dietro il paravento ornato si nascondono spesso vergogne; il re è nudo ma nessuno osa dirlo; la polvere colorata riesce ad annebbiare il giudizio sull'autentica realtà. Ciononostante, la rincorsa al successo è così frenetica che, pur di essere al centro dell'attenzione pubblica, stormi di miserabili si presentano a programmi televisivi infami e impudicamente svuotano le loro intimità fisiche e spirituali. Oppure è la vanità che aggiunge acqua al vino della verità, pur di farsi notare, correndo però il rischio di svelare alla fine l'inganno. Oh, se si ritrovasse un po' di gusto per il riserbo, la semplicità, la sincerità!
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