venerdì 6 ottobre 2017
di Consolata Laboccetta * Don Farias fu, anzi sarebbe meglio dire è, una figura di spicco nel panorama culturale reggino, un uomo sui generis, eclettico, dedito alla ricerca del sapere. Grazie a questa sua tendenza a voler apprendere il più possibile e nei più disparati campi, nel corso della sua vita intrattenne rapporti professionali, nonché di amicizia, con rinomati esponenti del mondo della filosofia, della politica, della chiesa. Si laureò in fisica presso l’Università di Messina per poi conseguire il baccellierato e la licenza in dogmatica alla Pontificia università gregoriana ed essere ordinato sacerdote nel luglio del 1954.
A Reggio Calabria molti potrebbero ricordarlo come un uomo minuto, assorto nei suoi pensieri, che facilmente potevi incrociare per le vie della città con la sua cartella consumata e il berretto che facevano di lui una figura un po’ iconica, eppure a volte difficile da comprendere. Dedicò la sua pastorale ai giovani, sebbene talvolta si trovasse in difficoltà nell’approcciarvisi, un uomo che masticava autori del calibro di Schiller, ma poi non sapeva giocare a pallone poteva sicuramente avere difficoltà nell’attrarre i giovanissimi, eppure ci riuscì. Farias ebbe la capacità di avvicinare, istillare in loro l’amore per la conoscenza, affidandogli dei talenti, ad ognuno tenendo conto delle proprie capacità e aspettandosi di vederli fruttare. Fra gli svariati incarichi che ricoprì sia in ambito civile che ecclesiale, è opportuno ricordare il ruolo di assistente spirituale Federazione universitaria cattolica italiana di Reggio Calabria, all’interno della quale creò un ambiente fertile di confronto abbracciando a pieno quello che è il concetto di universitas, intesa come luogo di comunione del sapere, e quello che la federazione si propone di perseguire ovvero la ricerca e l’ascolto di tutti i punti di vista. Dedicò la sua vita alla ricerca tanto da essere soprannominato da alcuni “biblioteca ambulante”, una ricerca volta non al conseguimento di onorificenze o all’ottenimento di cariche bensì
all’obiettivo di offrire nuove chiavi di lettura attraverso il dialogo, il confronto, talvolta lo scontro. «Il seminatore semina la parola. Quelli che hanno ricevuto il seme in buona terra sono coloro che odono la parola e l’accolgono e fruttano il trenta, il sessanta e il cento per uno». È questo l’obiettivo, che sull’esempio di don Farias noi fucini ci proponiamo di raggiungere: raccogliere i frutti di chi c’è stato prima di noi e ricercare la tecnica migliore di semina per chi verrà dopo di noi. * Gruppo Fuci “D. Farias” Reggio Calabria
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