Il chiodo di garofano, l'ingrediente in più
Dopo il servizio in ospedale, la scelta della vita eremitica: A. e quella presenza che non si vede ma che cambia il senso

Senza, non sarebbe lo stessa cosa, perché senza quel gusto speziato di cui senti il sapore, ma non vedi più da dove proviene, la ricetta non sarebbe la stessa. E cosi che A. ci ha mostrato la solitudine della sua scelta di vita, quella di cui a volte abbiamo un immaginario molto romantico, ottocentesco e che invece non ha mai smesso di resistere nei secoli fino a oggi, prendendo in ogni tempo e in ogni luogo una forma tutta particolare, unica, sempre nuova. La solitudine è la caratteristica specifica della scelta di vita eremitica, quella solitudine abitata dal silenzio e dall’incontro, abitata dalla prossimità e dalla liturgia, da quello che è il sacramento della storia che profeticamente ci interroga per avvicinarci a domande di senso, che partono dall’ordinario, dal quotidiano, dalla scelta della legna per la stufa alle numerose mail da rispondere.
Nella diversità dei carismi che la Chiesa ha, per essere sempre più quel poliedro luminoso di cui papa Francesco ad esempio ci ha lasciato immagine ed esperienza, la vita eremitica di A. dona, a quanti in qualche modo ne vengono a conoscenza o nelle cime delle Dolomiti, o tramite una lettura, un passaparola, un articolo, la bellezza e la riscoperta di quell’esperienza indispensabile della solitudine abitata dalla Parola. A. aveva già da tempo fatto la scelta di una vita dedita al Vangelo, seppur nella forma dell’apostolato ospedaliero, e a contatto con la sofferenza, con la malattia, di anno in anno, si è resa pian piano conto che poteva al termine degli anni in ospedale, dedicarsi in altro modo al sacramento dell’altro. E cosi' come in una chiamata nella chiamata ha scelto di ri-donarisi in qualche modo nella preghiera, nell’ascolto, nella solitudine, nel silenzio, nel lavoro manuale, nello studio e nel creato all’altro, quasi a prendersi cura in una modalità nuova ogni giorno.
Sembra che una delle questioni nevralgiche del nostro tempo sia una rieducazione alla relazione, al reimparare a stare insieme in modo sano, funzionale, costruttivo, collaborativo, e credo che in questo la solitudine eremitica, possa aiutarci a scoprire tanto per le nostre vite, nelle nostre esperienze, per guardarci dentro e di riscoprire il gusto, il “che sapore hanno le nostre relazioni” quelle ordinarie, frottolose, quelle fatte di convenevoli, quelle tra colleghi, quelle intime tra parenti, amici, fidanzati, compagni di vita, quelli che si incontrano una volta nella vita e quelli che hai davanti tutti i giorni, alla stessa ora, nello stesso luogo.
E così, dalla metaforica solitudine del chiodo di garofano, possiamo custodire, promuovere e orientare l’ordinaria scelta del come vivere le nostre relazioni, assaporando ogni minimo gesto, sguardo, parola o silenzio, per imparare a chiamarci “fratelli e sorelle” e non più “nemici”.
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