La militarizzazione della coscienza: quel pensiero da disarmare
La proliferazione dei conflitti, l'incremento delle spese militari, la deriva verso la logica della forza e la proposta di realismo alternativo nel Messaggio di papa Leone

Il Messaggio di papa Leone per la Giornata mondiale della pace giunge in un momento storico di straordinaria drammaticità, quando l’incremento delle spese militari e la proliferazione dei conflitti armati sembrano confermare una deriva inarrestabile verso la logica della forza. La specificità più rilevante risiede nella proposta di un realismo alternativo, che rovescia radicalmente il paradigma dominante. Leone XIV denuncia infatti con lucidità il paradosso del nostro tempo: «Non sono pochi oggi a chiamare realistiche le narrazioni prive di speranza, cieche alla bellezza altrui, dimentiche della grazia di Dio che opera sempre nei cuori umani, per quanto feriti dal peccato». È qui che si gioca la partita decisiva: quale realismo? Quello che vede solo tenebre e minacce, o quello capace di riconoscere la presenza della pace come presenza e cammino prima ancora che come meta? Il Papa richiama Sant’Agostino per sottolineare un dato fenomenologico essenziale: la pace è «a portata di mano», non richiede sforzo per essere posseduta, mentre richiede capacità per essere lodata e riconosciuta. Il problema non è dunque l’assenza della pace, ma la nostra cecità di fronte alla sua presenza operante, la nostra incapacità di nominarla e testimoniarla.
Questa prospettiva apre immediatamente alla dimensione del dialogo, che nel Messaggio assume un rilievo centrale. Il richiamo ad Agostino – «chi ama veramente la pace ama anche i nemici della pace» – e alla Gaudium et spes indica la via dell’ascolto e dell’incontro con le ragioni altrui come alternativa strutturale alla logica della contrapposizione armata. Non si tratta di un’ingenuità irresponsabile, ma del riconoscimento che la deterrenza nucleare e l’equilibrio del terrore incarnano «l’irrazionalità di un rapporto tra popoli basato non sul diritto, sulla giustizia e sulla fiducia, ma sulla paura e sul dominio della forza». Il dialogo emerge quindi non come opzione etica soggettiva, ma come necessità storica oggettiva di fronte alla spirale distruttiva della delega alle macchine delle decisioni su vita e morte, con il conseguente «processo di deresponsabilizzazione dei leader politici e militari».
Leone denuncia, inoltre, il tentativo di riallineare le politiche educative sostituendo la cultura della memoria con «campagne di comunicazione che diffondono la percezione di minacce e trasmettono una nozione meramente armata di difesa e di sicurezza». Il dialogo diventa così resistenza critica contro la militarizzazione del pensiero stesso, contro la trasformazione di pensieri e parole in armi. La rilevanza antropologica del Messaggio si concentra poi nella meditazione sulla fragilità, simbolizzata dal Bambino di Betlemme. «Nulla ha la capacità di cambiarci quanto un figlio», scrive il Papa, citando il suo predecessore Francesco: «la fragilità umana ha il potere di renderci più lucidi rispetto a ciò che dura e a ciò che passa, a ciò che fa vivere e a ciò che uccide». È questa la vera forza disarmante della pace: non la potenza militare che si pretende dissuasiva, ma la vulnerabilità che mette «in discussione la direzione che abbiamo scelto, come singoli e come comunità».
Per la vita quotidiana, questo Messaggio offre indicazioni precise. Prima di tutto, custodire la pace «come una piccola fiamma minacciata dalla tempesta», non dimenticando «i nomi e le storie di chi ce l’ha testimoniata». La pace è principio che guida e determina le scelte concrete. In secondo luogo, praticare il disarmo integrale che Giovanni XXIII indicava come necessario: smontare «anche gli spiriti, adoprandosi sinceramente a dissolvere, in essi, la psicosi bellica». Significa rifiutare la logica dell’escalation verbale, dell’aggressività nelle relazioni quotidiane, della chiusura identitaria che riconosce solo chi è simile e respinge chi è diverso. Infine, la chiamata a una responsabilità civile e politica: promuovere «società civili consapevoli», «forme di associazionismo responsabile», «pratiche di giustizia riparativa».
Nelle parole di papa Leone risuona qualcosa che eccede la contingenza storica pur abitandola pienamente: è l’annuncio che la pace non attende di essere costruita come si edifica un edificio su fondamenta inesistenti, ma chiede di essere riconosciuta, accolta, custodita come presenza già operante nel tessuto della storia. Il realismo della pace disarmata è dunque più radicale, più audace, più rivoluzionario di ogni realismo armato: perché osa credere che la fiamma della fraternità umana, pur minacciata, pur contrastata, pur apparentemente sul punto di spegnersi, continua a bruciare nei «molti testimoni» disseminati in ogni angolo del pianeta. Osa credere che la conversione dei cuori precede e rende possibile ogni disarmo esteriore. Osa credere, infine, che «mentre al male si grida “basta”, alla pace si sussurra “per sempre”».
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