mercoledì 20 gennaio 2021
Il Papa ha incentrato la catechesi sulla Settimana di preghiera per l’unità dei cristiani. E termina con l'appello per "un mondo senza armi nucleari"
Al termine dell'udienza generale, il Papa ha lanciato un appello per "un mondo senza armi nucleari"

Al termine dell'udienza generale, il Papa ha lanciato un appello per "un mondo senza armi nucleari" - Vatican Media

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Lavorare con determinazione per promuovere le condizioni necessarie per un mondo senza armi nucleari, contribuendo all'avanzamento della pace e alla collaborazione multilaterale, di cui oggi l’umanità ha tanto bisogno”. Si è conclusa con questo appello l’udienza di papa Francesco, trasmessa in diretta streaming dalla biblioteca privata del Palazzo apostolico. E' stato ricordato anche che "dopodomani, venerdì 22 gennaio, entrerà in vigore il trattato per la proibizione delle armi nucleari".

“La soluzione alle divisioni non è opporsi a qualcuno, perché la discordia genera altra discordia” ha affermato il Papa che - nel dedicare la catechesi odierna alla Settimana di preghiera per l’unità dei cristiani, che si celebra dal 18 al 25 gennaio - ha voluto citare la Gaudium et Spes per spiegare che “gli squilibri di cui soffre il mondo si collegano con quel più profondo squilibrio che è radicato nel cuore dell’uomo.


"Il chiacchiericcio è l’arma più alla mano che ha il diavolo" per dividere comunità cristiana, famiglia, amicizie, mentre lo Spirito Santo "ci ispira sempre l’unità"

È proprio all'interno dell’uomo che molti elementi si combattono a vicenda. Per cui soffre in se stesso una divisione, dalla quale provengono anche tante e così gravi discordie nella società. Il vero rimedio comincia dal chiedere a Dio la pace, la riconciliazione, l’unità”. “Questo vale prima di tutto per i cristiani: l’unità può giungere solo come frutto della preghiera”, ha spiegato Francesco, secondo il quale “gli sforzi diplomatici e i dialoghi accademici non bastano: vanno fatti, ma non bastano. Gesù lo sapeva e ci ha aperto la via, pregando. La nostra preghiera per l’unità è così un’umile ma fiduciosa partecipazione alla preghiera del Signore, il quale ha promesso che ogni preghiera fatta nel suo nome sarà ascoltata dal Padre”.

“Superare lo scandalo delle divisioni tra i credenti in Gesù”. È questo l’obiettivo della Settimana di preghiera per l’unità dei cristiani. Gesù, dopo l’Ultima Cena, ha pregato per i suoi, “perché tutti siano una sola cosa”, ha osservato Francesco: “È la sua preghiera prima della Passione, potremmo dire il suo testamento spirituale”. Il Signore, però, “non ha comandato ai discepoli l’unità. Nemmeno ha tenuto loro un discorso per motivarne l’esigenza”, ha sottolineato il Papa: “No, ha pregato il Padre per noi, perché fossimo una sola cosa. Ciò significa che non bastiamo noi, con le nostre forze, a realizzare l’unità”.

“L’unità è anzitutto un dono, è una grazia da chiedere con la preghiera”, ha spiegato Francesco: “Ciascuno di noi ne ha bisogno”, perché “non siamo capaci di custodire l’unità neppure in noi stessi”, come testimonia San Paolo, che “sentiva dentro di sé un conflitto lacerante: volere il bene ed essere inclinato al male. Aveva così colto che la radice di tante divisioni che ci sono attorno a noi – tra le persone, in famiglia, nella società, tra i popoli e pure tra i credenti – è dentro di noi”.

“Il mondo non crederà perché lo convinceremo con buoni argomenti, ma se avremo testimoniato l’amore che ci unisce e ci fa vicini sì, crederà”. È la ricetta del Papa per l’ecumenismo, al centro della catechesi dedicata alla Settimana di preghiera per l’unità dei cristiani, che si celebra dal 18 al 25 gennaio. “In questo tempo di gravi disagi è ancora più necessaria la preghiera perché l’unità prevalga sui conflitti”, la tesi di Francesco, secondo il quale “è urgente accantonare i particolarismi per favorire il bene comune, e per questo è fondamentale il nostro buon esempio: è essenziale che i cristiani proseguano il cammino verso l’unità piena, visibile”.

“Negli ultimi decenni, grazie a Dio, sono stati fatti molti passi in avanti, ma occorre perseverare nell’amore e nella preghiera, senza sfiducia e senza stancarsi”, il bilancio del cammino ecumenico: “È un percorso che lo Spirito Santo ha suscitato nella Chiesa, nei cristiani, in tutti noi e dal quale non torneremo più indietro. Sempre avanti!”. “Io prego per l’unità?”, la domanda sollecitata dal Santo Padre per ciascuno di noi: “È la volontà di Gesù ma, se passiamo in rassegna le intenzioni per cui preghiamo, probabilmente ci accorgeremo di aver pregato poco, forse mai, per l’unità dei cristiani. Eppure da essa dipende la fede nel mondo; il Signore infatti ha chiesto l’unità tra noi perché il mondo creda”.

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Pregare significa lottare per l’unità. Sì, lottare, perché il nostro nemico, il diavolo, come dice la parola stessa, è il divisore”. Lo ha affermato il Papa, nella parte finale dell’udienza di oggi, soffermandosi sulla figura del diavolo, che “sempre divide perché è conveniente per lui dividere”, ha spiegato a braccio: “Lui insinua la divisione, ovunque e in tutti i modi, mentre lo Spirito Santo fa sempre convergere in unità”. “Il diavolo, in genere, non ci tenta sull’alta teologia, ma sulle debolezze dei fratelli”, ha fatto notare Francesco: “È astuto: ingigantisce gli sbagli e i difetti altrui, semina discordia, provoca la critica e crea fazioni”. La via di Dio, invece, “è un’altra: ci prende come siamo: ci ama come siamo, ci prende come siamo, ci prende differenti, peccatori, e ci spinge all’unità”.

“Possiamo fare una verifica su noi stessi e chiederci se, nei luoghi in cui viviamo, alimentiamo la conflittualità o lottiamo per far crescere l’unità con gli strumenti che Dio ci ha dato: la preghiera e l’amore”, ha proposto il Papa. “Il chiacchiericcio – ha ribadito a braccio – è l’arma più alla mano che ha il diavolo per dividere la comunità cristiana, la famiglia, gli amici, per dividere sempre”. Al contrario, “la radice della comunione è l’amore di Cristo, che ci fa superare i pregiudizi per vedere nell’altro un fratello e una sorella da amare sempre. Allora scopriamo che i cristiani di altre confessioni, con le loro tradizioni, con la loro storia, sono doni di Dio, sono doni presenti nei territori delle nostre comunità diocesane e parrocchiali”. “Cominciamo a pregare per loro e, quando possibile, con loro”, l’invito finale: “Così impareremo ad amarli e ad apprezzarli. La preghiera, ricorda il Concilio, è l’anima di tutto il movimento ecumenico. Sia il punto di partenza per aiutare Gesù a realizzare il suo sogno: che tutti siano una cosa sola”.

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