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Leone XIII - .
Se il nome del cardinale eletto nuovo Papa ha sorpreso, altrettanto lo ha fatto il nome che il nuovo Pontefice ha scelto: Leone. Non accadeva da 122 anni, cioè da quando morì Leone XIII, al secolo Vincenzo Gioacchino Raffaele Luigi Pecci. Era salito al soglio pontificio il 20 febbraio 1878 e dunque ha regnato 25 anni, 4 mesi e 29 giorni. Si tratta del terzo pontificato per durata.
Ma la scelta di questo nome da parte del nuovo Papa si può trovare nelle prime parole che Leone XIV ha pronunciato dalla Loggia centrale della Basilica di San Pietro prima della benedizione Urbi et Orbi, quando ha parlato non soltanto di una pace «disarmata e disarmante», ma anche «dobbiamo cercare insieme come essere una Chiesa missionaria, una Chiesa che costruisce i ponti, il dialogo, sempre aperta a ricevere, come questa piazza, con le braccia aperte a tutti, tutti coloro che hanno bisogno della nostra carità, la nostra presenza, il dialogo, l’amore».
Insomma una Chiesa attenta agli aspetti spirituali, ma che non dimentica quelli umani. Una attenzione sociale che Leone XIV ha maturato anche nei suoi molti anni da missionario nel Perù, in zone povere e depresse.
Ecco allora che al momento della scelta del nome, il cardinale Francis Robert Prevost deve aver pensato al Papa della Rerum Novarum, l’enciclica che rappresenta il documento fondativo della Dottrina sociale della Chiesa. Vi affronta i diritti e i doveri del mondo del lavoro e di quello del capitale, inaugurando di fatto una riflessione nella Chiesa sui temi del lavoro per trovare una via differente da quella socialista e da quella liberista. Un documento che anche alcuni suoi successori vollero ricordare, come Pio XI, Giovanni XXIII, Paolo VI e Giovanni Paolo II.
«L’ardente brama di novità che da gran tempo ha cominciato ad agitare i popoli doveva naturalmente dall’ordine politico passare nell’ordine simile dell’economia sociale». È l’incipit della Rerum novarum, l’enciclica firmata nel 1891 da Leone XIII, il Papa di Carpineto Ronano che con quel celebre testo diede avvio al confronto della Chiesa con la società e le sue molte e contraddittorie “cose nuove” dando nome alle piaghe e agli “scartati” che da allora a oggi proprio nella Chiesa hanno trovato la loro spesso unica avvocata. Proprio a motivo di quella scelta di aprire la Chiesa alla modernità Leone trovò un grande estimatore in Giovanni Battista Montini, nato nel 1897, cioè durante il suo pontificato.
«Ne aveva addirittura il mito – spiega Fulvio De Giorgi, storico del cristianesimo –, tanto che ci si attendeva che, potendo essere eletto dopo Roncalli come in effetti accadde, avrebbe scelto il nome del Papa “sociale”». Poteva dunque essere Montini nel 1963 ad assumere il nome scelto ora da Prevost («che a prima vista un po’ gli somiglia»).
Ma tra Paolo VI e il Papa nativo di Chicago lo storico già scorge un nesso: «Anche Montini – spiega De Giorgi – arrivò dopo un pontificato “carismatico” come quello di Giovanni XXIII, e fu chiamato a portare a compimento e a dare una struttura ai processi che Roncalli aveva avviato con il Concilio».
Alla storia Leone XIII – al secolo Vincenzo Gioacchino Raffaele Luigi Pecci – è passato per la sua grande enciclica sociale, che fu il segno di una svolta irrevocabile: «La Chiesa si lasciava alle spalle il periodo del Sillabo aprendosi con risolutezza alla civiltà moderna sotto l’impulso di un Papa consapevole che il mondo si stava trasformando. La Chiesa di Leone è una Chiesa estroversa, non più ripiegata sul potere temporale perduto, che assume un suo posto libero e autorevole nelle relazioni internazionali e si prende a cuore gli sviluppi della rivoluzione industriale e il suo impatto sui popoli. Con la Rerum novarum si erge a difesa di tutti gli sfruttati e chiama gli Stati alle loro responsabilità chiedendo leggi giuste e incoraggiando gli studi economici e sociali, dei quali Giuseppe Toniolo sarà il capofila».
Nasce la Dottrina sociale come «interesse irrevocabile della Chiesa verso la società, i suoi fenomeni, i suoi cambiamenti e le sue patologie». Di questa profetica sensibilità sociale di papa Pecci fa parte anche «lo slancio impresso al movimento cattolico, al laicato e alla sua vita di fede». Leone è anche il Pontefice di «due altre storiche encicliche: sullo Spirito Santo, la Divinum illud munus (1897), e due anni dopo la Annum Sacrum sul Sacro Cuore», una scelta che lo lega alla devozione che si andava diffondendo – fondativa dell’impegno di tanti cattolici a partire dal «porre Cristo al cuore del mondo», inclusi quanti diedero vita in Italia all’Università Cattolica – e, oggi, all’ultima enciclica di Francesco, la Dilexit nos.
De Giorgi ricorda un altro documento, quello che fa di Pecci il Papa che «sistematizzò il pensiero filosofico della Chiesa con la Aeterni Patris sul pensiero tomista». Non solo: «Ha aperto gli archivi vaticani e dato impulso agli studi biblici». Non c’è bisogno di ricordare che nel 1890 ricevette l’ex soldato americano Buffalo Bill, a Roma col suo spettacolo itinerante, per avere tra le mani una eredità che 122 dopo torna a risuonare in piazza San Pietro.