venerdì 3 dicembre 2021
Nella Chiesa di Santa Croce, all’interno delle antiche mura della città di Nicosia, il momento di preghiera ecumenica con i migranti
Papa Francesco incontra i migranti durante la preghiera ecumenica nella chiesa della Santa Croce a Nicosia

Papa Francesco incontra i migranti durante la preghiera ecumenica nella chiesa della Santa Croce a Nicosia - Reuters

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«Non possiamo tacere! Fili spinati, posti di confinamento e di schiavitù. Questa è la storia di questa civiltà sviluppata che noi chiamiamo Occidente!». La voce di papa Francesco è tuonata nel momento conclusivo della sua visita apostolica a Cipro.

Per l’ultima tappa nell’isola, dalle frontiere del Mediterraneo, aveva prenotato un momento di preghiera ecumenica con i migranti. E nella Chiesa di Santa Croce, all’interno delle antiche mura della città di Nicosia, punto di riferimento per la comunità cattolica di Cipro, non lontano da dove corre il filo spinato della separazione, dopo aver ascoltato quattro testimonianze di profughi provenienti dal Congo, Camerun, Sri Lanka, Iraq ha così alzato gli occhi dal testo scritto che stava leggendo: «Ascoltando voi, guardando voi in faccia, la memoria va oltre, va alle sofferenze. Voi siete arrivati qui, ma quanti dei vostri fratelli e delle vostre sorelle sono rimasti per strada? Quanti disperati iniziano il cammino in condizioni molto difficili e non arrivano... Possiamo parlare di questo mare che è diventato un cimitero?! Guardando voi, guardo le sofferenze del cammino, tanti che sono stati rapiti, venduti, sfruttati... Ma è la storia di una schiavitù, una schiavitù universale!».

E le parole del Papa sono uscite ancora di getto per svegliare la coscienza davanti a tutto questo: «Guardando voi, penso a tanti che sono dovuti tornare indietro, perché respinti e sono finiti nei lager. Veri lager, dove le donne sono vendute, gli uomini schiavizzati, torturati. Noi ci lamentiamo quando leggiamo le storie dei lager del secolo scorso, dei nazisti, di Stalin… Ma succede oggi nelle coste vicine... Lo dico perché è responsabilità mia aiutare ad aprire gli occhi. La migrazione forzata non è un’abitudine quasi turistica, per favore! Il peggio è che ci stiamo abituando a questo: “Ah oggi, sì, è affondato un barcone, tanti dispersi”. Ma guarda che questo abituarsi è una malattia grave e non c'è antibiotico contro questa malattia. Dobbiamo andare contro questo vizio di abituarci a queste tragedie che leggiamo nei telegiornali e altri media. È la sofferenza di fratelli e sorelle che non possiamo tacere… I fili spinati, qui ne vedo uno. Questa è una guerra dell’odio che vive un Paese. I fili spinati in altre parti si fanno per non lasciare entrare i rifugiati. Quello che viene a chiedere libertà, pane, aiuto, fratellanza, gioia, che sta fuggendo dall'odio, trova davanti un odio che si chiama filo spinato!».

Papa Francesco durante la preghiera ecumenica nella chiesa della Santa Croce a Nicosia

Papa Francesco durante la preghiera ecumenica nella chiesa della Santa Croce a Nicosia - Ansa

Papa Francesco è stato accolto dal Patriarca dei latini di Gerusalemme, Pierbattista Pizzaballa, che nel suo saluto iniziale aveva detto al Papa di come «Cipro, prima fra le isole del Mediterraneo – sperimenta il dramma di migliaia di migranti in fuga da guerre e miseria – che qui si fermano senza vie di uscita».

«È una realtà di cui qui non si parla – aveva continuato – se non in qualche momento particolarmente drammatico… Era giusto e doveroso – ha così detto Pizzaballa rivolgendosi al Papa – prima di terminare il suo pellegrinaggio volgere lo sguardo anche a quella relata dolorosa e difficile che esiste in quest’isola, nella quale si presentano i drammi che il Mediterraneo vive quotidianamente».

Dopo il suo intervento a braccio Francesco ha ripreso quanto aveva scritto: «Possa quest’isola, segnata da una dolorosa divisione, diventare con la grazia di Dio laboratorio di fraternità – ha affermato congedandosi da Cipro – e lo potrà essere a due condizioni: la prima è l’effettivo riconoscimento della dignità di ogni persona umana (questo è il fondamento etico, un fondamento universale che è anche al centro della dottrina sociale cristiana). La seconda condizione è l’apertura fiduciosa a Dio Padre di tutti; e questo è il “lievito” che siamo chiamati a portare come credenti».


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