Vedere l'ingiustizia serve: il Gambia ce lo ricorda
sabato 28 gennaio 2017

Gentile direttore,

il Gambia è tra i primi Paesi di provenienza delle persone che arrivano in Italia alla ricerca di un asilo politico. È un Paese “governato” per 23 anni dallo stesso dittatore Yahya Jammeh. Ora la dittatura è in declino e forse a breve si insedierà il nuovo presidente e la comunità internazionale è attiva perché ciò avvenga. Bene. Ma se durante questi lunghi 23 anni avessimo guardato oltre la nostra Provincia avremmo evitato a migliaia di persone un lungo viaggio verso la libertà.

Fabrizio Floris

Anche tanti “distratti” sono stati indotti dal suicidio di un giovane gambiano nel cuore stesso di Venezia a rendersi drammaticamente conto di ciò che lei, gentile amico, rapidamente descrive. In più di un pubblico dibattito ho dovuto ricordarlo a diversi politici, anche a uno che si candida a governare l’Italia, che il Gambia ha vissuto sinora sotto dittatura e che i profughi da quel Paese hanno diritto, se il loro caso è correttamente esaminato, ad essere accolti come rifugiati politici... Ecco perché abbiamo scritto spesso di quella nazione e delle traversie e sofferenze della sua gente. Ecco perché abbiamo sottolineato la speranza accesa dall’efficace intervento di altri Paesi africani dell’area a sostegno della legittima e democratica elezione del nuovo presidente Barrow. Può davvero aprirsi una stagione diversa a Banjul e per l’intero popolo gambiano. E lei ha perfettamente ragione: un mondo più attento e solidale poteva propiziarla prima. (

QUEL RAPPORTO SPECIALE TRA VIOTTO E MARITAIN

Gentile direttore,

l’Istituto Internazionale Jacques Maritain ringrazia per l’articolo, a firma di Filippo Rizzi, pubblicato su “Avvenire” il 6 gennaio 2017 in occasione della scomparsa di Piero Viotto, l’illustre studioso che ha dedicato molti dei suoi scritti al pensiero e all’opera del filosofo francese. Il professor Viotto ha offerto un contributo fondamentale all’Istituto in numerose circostanze e cogliamo anche questa occasione per esprimergli la nostra viva gratitudine. Ci consenta tuttavia un garbato appunto sul titolo, che definisce Viotto come l’«ultimo maritainiano ». Ciò potrebbe far pensare a una sorta di parabola conclusiva del pensiero di Maritain, mentre in realtà ci sono segnali confortanti in direzione opposta. Molti giovani, infatti, lo scelgono per le loro tesi di laurea. Esistono Centri di studi maritainiani in diverse parti d’Italia e nel mondo. Presso l’Università degli Studi della Basilicata è stata recentemente inaugurata una “Cattedra Maritain”, con lo scopo di promuovere un concetto di filosofia che si ispira all’autore di Umanesimo integrale. In Argentina e in Cile sono promossi Corsi per i giovani dedicati al pensiero del filosofo francese. Ciò a riprova della perdurante, se non crescente, attualità del pensiero di Maritain, anche nel corso del Magistero Pontificio, in particolare da Paolo VI in avanti. Il nostro Istituto, pertanto, sta lavorando pienamente nella scia della sua opera, grazie anche all’eredità di studiosi come il professor Viotto. Rinnovandole il nostro ringraziamento, inviamo a lei ai suoi colleghi i nostri più cordiali auguri di buon lavoro. Gennaro Giuseppe Curcio Segretario generale Istituto Internazionale Jacques Maritain

Grazie a lei e a voi tutti, gentile professor Curcio. E posso rassicurarla: nessuno di noi pensa e vuol far pensare a una «parabola conclusiva del pensiero di Maritain» che l’Istituto a lui intitolato e iniziative come quelle che lei ricorda tengono invece assolutamente viva. Il titolo all’articolo di Filippo Rizzi è immagine della relazione specialissima – e, oso dire, irripetibile per intensità e opportunità di condivisione – tra il filosofo francese e il filosofo torinese Piero Viotto. Ecco tutto. Ricambio caldi auguri di buon lavoro.

Marco Tarquinio

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